648 milioni in 25 anni. Il costo delle ingiuste detenzioni in Italia
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Tra i tanti aspetti negativi dell’ordinamento giudiziario (e penitenziario italiano) c’è quello dell’uso eccessivo della custodia cautelare. Nonostante le riforme degli ultimi anni si viaggia ad una media molto superiore rispetto a quella europea e il 14% di chi finisce in carcere risulta poi innocente
Dal 1992 ad oggi l’Italia ha speso 648 milioni (42 milioni soltanto lo scorso anno) per risarcire ingiuste detenzioni cautelari subite da persone che dopo anni ed anni di processo sono state assolte.
L’Italia è il quinto paese dell’Unione Europea con il più alto tasso di detenuti in custodia cautelare, con una percentuale di detenuti non definitivi, al 31.12.2016, pari al 34,6% rispetto ad una media europea pari al 22%.
Fino a pochi anni fa l’Italia deteneva il primato in Europa per il tasso di detenuti non definitivi, arrivando all’incredibile tasso del 51,3% nel 2008.Il Parlamento Italiano, negli ultimi anni, ha introdotto le leggi 94/2013, 117/2014 e 47/2015 che hanno sicuramente limitato fortemente il ricorso alla custodia cautelare in carcere e previsto garanzie processuali ulteriori rispetto al passato.
La volontà specifica del Parlamento è stata quella di ridurre il numero di detenuti (compresi quelli in attesa di giudizio) per conformarsi con quanto statuito nella nota sentenza della Corte EDU nel caso Torreggiani contro Italia.
Ad un esame superficiale dei pochi dati disponibili in materia, il Legislatore ha raggiunto lo scopo, anche se desta forte preoccupazione l’aumento del tasso di detenuti in custodia cautelare (+0.5%) riscontrato tra il 2015 ed il 2016.
Sta di fatto che i soli interventi legislativi non risolvono il problema della diffusa applicazione della custodia cautelare in carcere nei confronti dei soggetti più vulnerabili e basati contra legem sulla sola sussistenza di precedenti penali e, in definitiva, adottati con motivazione formale.
L’Associazione Antigone ha di recente partecipato ad un importante progetto europeo The practice of pretrial detention: monitoring alternatives and judicial decision-making, finanziato dalla DG Justice dell’Unione Europea e coordinato da Fair Trials international. In estrema sintesi, il progetto si pone l’obiettivo di mettere a confronto le prassi giudiziarie relative alla applicazione delle misure cautelari in 10 paesi UE, per fornire un importante strumento alla Commissione Europea oggi impegnata in un Impact Assessment volto all’adozione di misure legislative comunitarie sulla custodia cautelare.
Dall’esame dei fascicoli processuali è emerso che ben il 14% degli imputati è stato assolto dopo aver subito la detenzione cautelare in carcere.Il dato più allarmante della ricerca è forse costituito dall’eccessivo utilizzo della misura cautelare in carcere nei confronti dei soggetti più vulnerabili, specie se stranieri extra UE. Basti pensare che tutti i casi di ingiusta detenzione riscontrati nella ricerca hanno riguardato esclusivamente cittadini extra UE. In un caso, l’ingiusta detenzione in carcere si è protratta per 445 giorni.
Dalla ricerca emerge che imputati vulnerabili (specie se stranieri extra UE) che non hanno una abitazione ed una rete di rapporti sociali sono solitamente posti in custodia cautelare carceraria anche quando in astratto le esigenze cautelari potrebbero essere soddisfatte con gli arresti domiciliari.
In definitiva, il sottoutilizzo di misure meno afflittive rispetto alla custodia cautelare in carcere (ad es., arresti domiciliari o l’obbligo di presentazione alla polizia giudiziaria), od anche dei braccialetti elettronici (soltanto 2000 disponibilità), il sovrautillizzo dell caustodia cautelare in carcere nei confronti dei soggetti più vulnerabili e la durata eccessiva dei processi sono da considerarsi fattori che contribuiscono fortemente al sovraffollamento nelle patrie galere, rovinando vite di persone poi dichiarate, a distanze di anni, innocenti e generando pesanti costi per l’intera comunità.