Alimentazione: a causa della crisi le grandi aziende pensano al cibo mini
Le grandi aziende pensano a nuove strategie di marketing per venire incontro al budget sempre più ridotto dei consumatori
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Le multinazionali dell’alimentare e dei prodotti per l’igiene le pensano tutte per tentare di arginare la crisi economica globale che ha causato un’inevitabile contrazione dei consumi anche in questo settore.
Basti pensare che la Unilever, il colosso che detiene marchi famosi quali Knorr (la società che produce i noti dadi) o la Calvè (quello delle maionese) ha comunicato già a partire dall’estate appena trascorsa alcune nuove strategie di distribuzione e commercializzazione dei prodotti anche perché gli sconti non bastano più e sono soventemente percepiti come un peggioramento della qualità di ciò che si offre.
Il nuovo tipo di marketing si basa sulla vendita di microconfezioni allo scopo di fornire quantità di cibo minori a prezzi inevitabilmente più bassi.
Se, infatti, i "mini" acquisti riguardavano fino a poco tempo fa solo i nuclei familiari formati da una coppia o erano rivolti solo ai "single", con le nuove proposte si cerca di soddisfare tutti coloro che hanno poche risorse e non hanno la necessità di comprare una gran quantità di prodotti sia nel settore del cibo che in quello dell’igiene.
A breve, secondo quanto è stato previsto nell’ottica delle nuove strategie di marketing, troveremo con maggiore facilità sugli scaffali dei supermercati tra gli altri: confezioni monodose di bagnoschiuma e prodotti per la casa, cibi in singole porzioni come la maionese monouso, confezioni di purè ridotte e pacchi di pasta da due – trecento grammi, e così via.
Ma dietro ad ogni nuova proposta si nasconde sempre l’inghippo, perché se tali scelte appaiono convenienti, in realtà non dovrebbero portare a risparmi per il budget familiare globale, anzi.
Giovanni D’Agata, fondatore dello “Sportello dei Diritti”, a tal proposito evidenzia che il costo delle mini confezioni anche se decisamente più allettante, deve essere sempre confrontato con il valore equivalente della confezione per così dire “normale”.
Raffrontando i prezzi, infatti, si può evitare di scoprire che i cibi in versione monodose, possono, in proporzione, costare fino al 40-50% in più di quelli standard. Occhio, quindi, alla spesa.