Annullati gli estimi catastali a Lecce
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L’Agenzia del Territorio di Lecce, nei mesi scorsi, ha notificato a 56.000 cittadini-contribuenti leccesi gli avvisi di accertamento catastali, ai sensi del comma 335 della L. n. 311/2004, aumentando di una unità tutte le classi degli immobili siti nel Comune di Lecce.
E’ la prima volta che a livello nazionale l’Agenzia del Territorio colpisce un’intera città, aumentando genericamente tutti gli estimi catastali e costringendo i contribuenti leccesi a proporre circa 7.000 ricorsi alla competente Commissione Tributaria Provinciale di Lecce.
La normativa sopra citata prevede la revisione parziale del classamento delle unità immobiliari di proprietà privata site in microzone comunali, per le quali il rapporto tra il valore medio di mercato ed il corrispondente valore medio catastale ai fini dell’ICI si discosta significatamente dall’analogo rapporto relativo all’insieme delle microzone comunali.
Per la determinazione di cui sopra, il Comune di Lecce chiedeva l’intervento dell’Agenzia del Territorio e quest’ultima negli ultimi mesi ha proceduto alla notifica di avvisi di accertamento relativi a due microzone della città di Lecce.
Secondo l’Agenzia del Territorio, le motivazioni degli avvisi di cui sopra si sono basate su presunti interventi di riqualificazione della viabilità interna e di arredo urbano nel centro storico; per la microzona 1 si è evidenziata la presenza significativa di unità immobiliari qualificate come popolari o addirittura ultra popolari in un’area che ha mutato i caratteri popolari o economici che aveva nell’anteguerra e per la microzona 2 si è segnalata la grandissima espansione dell’abitato riqualificatosi e fortemente sviluppatosi nell’ultimo ventennio.
Avverso i suddetti avvisi di accertamento nei mesi scorsi ho presentato molteplici e tempestivi ricorsi alla competente Commissione Tributaria Provinciale di Lecce, eccependo il difetto assoluto di motivazione, la nullità del provvedimento per difetto di prova, l’illegittima determinazione della rendita catastale, la mancanza dei presupposti della revisione parziale del classamento e, nel merito, gli errori nei calcoli perché non si era rispettata la media aritmetica ponderata.
Oltretutto, anche con l’assistenza dello Sportello dei Diritti di Giovanni e Francesco D’Agata, sono stati presentati i primi ricorsi cumulativi, ammessi dalla recente sentenza n. 4490 del 22 febbraio 2013 della Corte di Cassazione – Sez. Tributaria -.
Infatti, in base alla succitata sentenza dei giudici di legittimità, è pacificamente ammissibile la proposizione di un unico ricorso cumulativo avverso più atti di accertamento, dovendo ritenersi applicabile al processo tributario l’art. 104 c.p.c., il quale consente la proposizione contro la stessa parte e, quindi, la trattazione unitaria di una pluralità di domande anche non connesse tra loro, con risultato peraltro analogo a quello ottenuto nel caso di riunione di processi anche soltanto soggettivamente connessi.
Nei giorni scorsi, la Commissione Tributaria Provinciale di Lecce – Sez. Quarta - (Pres. e Rel. il Dott. Oronzo De Pascalis) ha disposto quanto segue.
a) Innanzitutto, ha concesso la sospensiva richiesta nel ricorso collettivo, con ciò ritenendo ritualmente proposto e depositato il ricorso cumulativo in ossequio ai corretti principi giurisprudenziali sopra esposti dalla Suprema Corte di Cassazione.
b) Ha totalmente annullato gli avvisi di classamento impugnati con le seguenti sentenze:
- n. 459/04/13, depositata il 13/06/2013 (RGR n. 214/13);
- n. 460/04/13, depositata il 13/06/2013 (RGR n. 248/13);
- n. 461/04/13, depositata il 13/06/2013 (RGR n. 249/13);
- n. 462/04/13, depositata il 13/06/2013 (RGR n. 250/13);
- n. 463/04/13, depositata il 13/06/2013 (RGR n. 442/13).
I primi giudici tributari, preliminarmente, hanno annullato gli accertamenti catastali per un totale difetto di motivazione, tenuto conto che la motivazione costituisce l’elemento centrale e qualificante degli atti impositivi, attraverso cui l’Agenzia del Territorio deve rendere palese il ragionamento in base al quale è stata indotta ad adottare il relativo provvedimento e a dargli un determinato contenuto.
Orbene, dalla generica motivazione dell’atto impugnato non è dato conoscere le modalità di rilevazione dei valori medi, né gli atti di trasferimento monitorati e rilevati, né la metodologia e la bontà dei sistemi di rilevazione, né la specifica menzione dei rapporti e del relativo scostamento, con conseguente limitazione del diritto di difesa del contribuente interessato.
Secondo i giudici di merito, nella fattispecie, il singolo contribuente leccese si è trovato nella impossibilità di verificare se sussistessero realmente le anomalie poste a base della revisione del classamento (quale imprescindibile presupposto dell’atto di riclassamento) e se ed in qual misura le asserite anomalie avessero inciso sulla classe dei singoli immobili.
Infatti, la mera indicazione della nuova classe non è sufficiente ad offrire elementi idonei a far comprendere il motivo dello specifico mutamento.
Inoltre, secondo i giudici leccesi, con la carenza di motivazione dell’avviso di accertamento concorre anche una palese violazione dell’art. 61 del DPR n. 1142/1949.
Infatti, tale norma impone la necessità del confronto delle unità immobiliari da riclassare con “le unità tipo” ai fini del collocamento nelle categorie e classi prestabilite per zone censuarie.
Sull’ufficio gravava l’assolvimento del suddetto onere probatorio, che non è stato assolutamente assolto durante il processo tributario.
Aumentando genericamente tutte le classi degli immobili della città di Lecce, l’Agenzia del Territorio ha ottenuto un incremento uniformemente distribuito di quasi il 20% della base imponibile, determinando una vera e propria revisione degli estimi catastali non autorizzata da alcuna disposizione di legge.
Di fatto, è stata totalmente cancellata la prima classe A e C, mentre sono state escluse dall’aumento le unità contenute nelle classi apicali, ovvero quelle di maggior pregio.
Di conseguenza, secondo i giudici leccesi, deve essere censurato l’operato dell’Agenzia del Territorio di Lecce che, se pure animato dall’intenzione di eliminare una disomogeneità tra le varie zone, ha di fatto non solo posto nel nulla il diritto del contribuente ad una congrua motivazione ma ha, perfino, contribuito ad elevare e non a ridurre la sperequazione esistente.
Oltretutto, l’Agenzia del Territorio non poteva nel processo tributario addurre ragioni di rettifica diverse da quelle indicate dall’atto impugnato, come più volte deciso dalla Suprema Corte di Cassazione.
Le corrette e condivisibili sentenze dei giudizi leccesi hanno giustamente censurato il comportamento dell’Agenzia del Territorio di Lecce, che non solo avrebbe dovuto motivare e provare le differenze catastali dei vari immobili ma, soprattutto, non avrebbe dovuto con un semplice “clic” genericamente aumentare tutti gli immobili della città di Lecce perché le operazioni catastali generaliste sono previste e disciplinate soltanto dalla legge nazionale e non può un locale ufficio fiscale permettersi di aumentare le rendite, creando gravi disagi ad un’intera cittadinanza (anche da un punto di vista economico, perché per ogni ricorso bisognava pagare il contributo fisso unificato tributario di € 120).