Arabia Saudita: secondo la stampa inglese pena di morte inflitta a 45 lavoratori stranieri. Appello contro l'ondata di esecuzioni
Dettagli della notizia
Il trattamento riservato ai lavoratori stranieri da parte delle autorità saudite si è imposto all&\#39;attenzione di osservatori e comunità internazionale. Secondo quanto rivela l&\#39;Observer, il domenicale del Guardian, sarebbero oltre 45 i lavoratori stranieri in Arabia Saudita condannati a morte. L&\#39;inquietante cifra è emersa dopo il caso della decapitazione nel Paese di una domestica cingalese di 24 anni, Rizana Nafeek, originaria di una famiglia molto povera del villaggio di Mutur distretto orientale di Trincomalee. Rizana era arrivata in Arabia saudita nel 2005, a soli 17 anni con passaporto falso per lavorare come cameriera. Il bambino del suo datore di lavoro è morto mentre lei prestava servizio. Rizana è stata accusata di omicidio e condannata a morte con un processo-farsa, basato su una confessione firmata senza che ne conoscesse il contenuto, perché scritto in arabo, lingua a lei sconosciuta. Nel 2007 è arrivata la condanna a morte.
I numerosi appelli alla clemenza e la mobilitazione dell&\#39;opinione pubblica internazionale rispetto all&\#39;episodio nulla ha potuto contro la determinazione delle autorità saudite di eseguire la condanna a morte.
Secondo gruppi per la difesa dei diritti umani, il numero esatto tra l&\#39;altro pressoché impossibile da ottenere dei lavoratori stranieri, domestici soprattutto, condannati a morte è senza dubbio più alto. Si segnalano in particolare 45 donne indonesiane che rischiano una sentenza a morte, con cinque di loro per le quali l&\#39;esecuzione della sentenza potrebbe essere imminente.
Per Giovanni D’Agata, fondatore dello “Sportello dei Diritti”, le leggi in Arabia saudita sono molto al di sotto di ogni norma di legalità e procedura investigativa universalmente accettate e nei processi, non vengono rispettate alcune garanzie di trasparenza. Per tali ragioni lo “Sportello dei Diritti”lancia un grido di allarme contro l’ondata di esecuzioni e chiede un urgente intervento della Comunità Internazionale e di tutti coloro che hanno la facoltà di agire contro tali crimini.