Asl condannata a mantenere 25 anni la figlia della coppia per la gravidanza indesiderata

Dopo il terzo parto, fallita la sterilizzazione tubarica. La madre aveva deciso di ricorrere alla contraccezione chirurgica, ma è rimasta incinta dopo 2 anni. La famiglia riceverà 450 euro al mese

Asl condannata a mantenere 25 anni la figlia della coppia per la gravidanza indesiderata

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Storica sentenza del tribunale di Arezzo, che ha stabilito con un orientamento nuovo il risarcimento di 135mila euro a una coppia di genitori. La Asl Toscana Sud Est è stata condannata al mantenimento, fino al 25esimo anno di età, di una bimba nata dopo che la madre si era sottoposta a un intervento di chiusura delle tube, proprio per evitare ulteriori gravidanze. E il risarcimento è liquidato in via equitativa, quando si presuppone che la figlia sarà in grado di provvedere a sé stessa. Né si può sostenere che la madre, decidendo di non abortire, abbia prestato il consenso alla nascita: l’interruzione di gravidanza, infatti, rappresenta una scelta personalissima della gestante che involge profili di carattere morale o religioso, mentre non si può imporre al creditore di ridurre le conseguenze dell’altrui comportamento dannoso oltre l’ordinaria diligenza. È quanto emerge dalla sentenza 150/2023 pubblicata il 15 febbraio 2023 dalla sezione civile del tribunale di Arezzo. Accolta la domanda della coppia difesa dall’avvocato Paolo Persello: ottiene un risarcimento di 135 mila euro, vale a dire 450 euro al mese per un quarto di secolo. Alla nascita del terzo figlio la signora decide di sottoporsi alla sterilizzazione. Ma a distanza di due anni rimane incinta del nuovo compagno. Decisiva la Ctu: la nascita indesiderata dall’inesatta esecuzione dell’intervento in ospedale. E pesa la decisione di non prescrivere al tempo visite di controllo per verificare la riuscita dell’operazione, che fallisce raramente e in gran parte per errori tecnici dei sanitari. Ha natura contrattuale la responsabilità dell’Asl nei confronti della signora grazie al contratto di spedalità, mentre l’azione del compagno rientra nell’alveo dell’articolo 2043 Cc: la prescrizione è esclusa anche rispetto al secondo per cui opera il termine quinquennale e non decennale. Il risarcimento scatta perché la spese per mantenere la figlia non voluta costituiscono conseguenza immediata e diretta dell’inadempimento medico e soddisfano il requisito della prevedibilità del danno ex articolo 1225 Cc. È escluso che scegliendo di mettere al mondo la bambina la signora, e con lei la coppia, si assuma la responsabilità della nascita: l’interruzione di gravidanza non è senza limiti in base alla legge 194/78 e soprattutto implica un «notevolissimo carico di sofferenza psicologica» per la donna. Non si può dunque imporre al creditore una condotta attiva ex articolo 1227 Cc che comporta «notevoli rischi o rilevanti sacrifici» come l’aborto. Dopo la notizia diffusa da diversi organi di stampa, rileva Giovanni D'Agata, presidente dello “Sportello dei Diritti”, è arrivata anche una nota di commento della Asl Toscana Sud Est. "In merito alla vicenda riportata da alcuni organi di stampa relativamente alla sentenza di condanna della Asl Tse da parte del Tribunale civile di Arezzo per un intervento di chiusura delle tube effettuato all'ospedale Misericordia nel 2011, l'azienda sanitaria, nel prendere atto della sentenza del Tribunale di Arezzo, sta valutando la possibilità di impugnare la sentenza, di proporre ricorso in Appello e di chiedere la sospensione dell'esecuzione del provvedimento di 1° grado che condanna Asl Tse al risarcimento di 135mila euro a favore della controparte".

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