Cassazione penale: commette reato il medico che ritarda la guarigione del paziente

Cassazione penale: commette reato il medico che ritarda la guarigione del paziente

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Compie il reato di lesioni personali colpose il medico che, per imperizia, finisce col ritardare la guarigione del paziente. E ciò anche se la condotta antidoverosa del sanitario non aggrava di per sé la lesione o la perturbazione funzionale del malato: il legislatore, infatti, misura la malattia in termini di tempo necessario alla stabilizzazione della salute del paziente e dunque assegna al tempo un peso che incide sulla quantità della sanzione. È quanto emerge dalla sentenza 8613/22, pubblicata il 15 marzo dalla quarta sezione penale della Cassazione. Diventa definitiva la condanna inflitta al chirurgo oncologico che con la sua condotta imprudente e imperita costringe la paziente a sottoporsi a un terzo intervento per asportare il tumore al seno. Nelle due operazioni “incriminate”, infatti, il sanitario non si attiene alle linee guida, esponendo la donna al rischio della vita: nella prima non procede con l’ago aspirato né ricorre all’esame istologico intraoperatorio; nella seconda preleva linfonodi inutili per verificare la presenza di metastasi. Da una parte lo studio della lesione individuata con la mammografia non risulta condotto in modo corretto, con la miglior tecnica del linfonodo “sentinella”; dall’altra il secondo intervento deve considerarsi sbagriliato sul piano tecnico perché non risulta compiuto lo svuotamento ascellare completo. Insomma: le operazioni non sono affatto eseguite a regola d’arte. Per i giudici di legittimità, infatti, di cui ha scritto il sito Cassazione.net, rileva Giovanni D'Agata, presidente dello “Sportello dei Diritti”, il motivo è fondato e, al riguardo, hanno ricordato che “ Nessun dubbio, poi, sul nesso eziologico fra la condotta gravemente colposa del chirurgo e la causazione di una malattia superiore a quaranta giorni.” È vero: nella nozione prevista dall’articolo 590 Cp non rientrano tutte le alterazioni di natura anatomica, che possono anche mancare, ma soltanto quelle da cui deriva una limitazione funzionale, un significativo processo patologico, un aggravamento o una compromissione delle funzioni dell’organismo, significativa pur se non definitiva. E il legislatore colloca all’interno della risposta dell’ordinamento penale l’intervallo di tempo necessario al paziente per recuperare lo stato di salute: integra così le lesioni colpose la condotta antidoverosa del medico che ritarda la guarigione del paziente o la stabilizzazione delle condizioni di salute.

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