Cassazione: si agli atti notori nel processo tributario per provare le proprie ragioni

Valore probatorio degli atti notori nel processo tributario: per la Cassazione possono essere prodotti nel procedimento e sono validi a fine indiziari. Il divieto vale solo per la prova testimoniale. È consentito introdurre innanzi alle Commissioni tributarie dichiarazioni rese da terzi in sede extraprocessuale per far valere le proprie ragioni

Cassazione: si agli atti notori nel processo tributario per provare le proprie ragioni

Dettagli della notizia

Con un’importante ordinanza, n. 13174 del 16 maggio 2019, la Corte di Cassazione ha accolto il ricorso proposto da un contribuente, rappresentato e difeso dall’Avv. Maurizio Villani, avente ad oggetto due avvisi di accertamento emessi dall’Agenzia delle Entrate a seguito di indagini bancarie.

In particolare, mediante la produzione in giudizio di dichiarazioni sostitutive dei familiari che avevano affermato che le ingenti somme contestate erano pervenute al contribuente per donazione paterna, veniva dimostrata l’illegittimità ed infondatezza delle contestazioni mosse dall’Agenzia delle Entrate.

Tuttavia, mentre i giudici di primo grado accoglievano in toto le doglianze del contribuente, i giudici di seconde cure ritenevano che le dichiarazioni sostitutive non potevano assurgere a prova idonea a giustificare le ingenti somme di moneta contante transitate dal padre defunto al figlio.

Avverso la sfavorevole sentenza dei giudici di secondo grado, il contribuente ha proposto ricorso per Cassazione, in particolare eccependo l’insufficiente e contradditoria motivazione della sentenza della CTR che si era limitata a ritenere le dichiarazioni sostitutive non idonee ad assurgere a fonte di prova, senza tenere in considerazione alcuna l’ulteriore produzione documentale esibita in giudizio, costituita da assegni, estratti conto, atti di vendita e ricevute di pagamento.

Il contribuente rilevava, altresì, come gli atti notori costituiscono valida giustificazione delle operazioni segnalate in sede di verifica, rivestendo valore di elementi indiziari, considerato che il divieto di cui all’art. 7 del D. Lgs. n. 546/1992 si riferisce alla sola prova testimoniale nella sua accezione tipica, ma non preclude al giudice tributario di porre a fondamento della decisione dichiarazioni di soggetti terzi acquisite dalle parti processuali.

Ebbene, rileva Giovanni D'Agata, presidente dello “Sportello dei Diritti”, i giudici di legittimità nell’accogliere le tesi difensive dell’Avv. Maurizio Villani, hanno avuto finalmente la possibilità di chiarire che:

- il divieto di cui all’art. 7 del D.Lgs. n. 546 del 1992 fa riferimento alla sola prova testimoniale, ma non preclude al giudice tributario di porre a fondamento della decisione dichiarazioni di soggetti terzi acquisite dalle parti processuali;

- gli atti notori hanno il valore probatorio proprio degli elementi indiziari e, qualora rivestano i caratteri di gravità, precisione e concordanza di cui all’art. 2729 c.c., danno luogo a presunzioni;

- anche al contribuente, al pari dell’Amministrazione finanziaria, è consentito introdurre in giudizio innanzi alle Commissioni tributarie dichiarazioni rese da terzi in sede extraprocessuale per far valere le proprie ragioni e tali dichiarazioni devono assurgere a rango di indizi, che necessitano di essere valutati congiuntamente ad altri elementi.

Immagini della notizia

Documenti e link

X