Consiglio di Stato: concorso nelle forze armate: uso pregresso di droga non preclude partecipazione. Sentenza, sez. IV, sentenza 27.06.2011 n° 3854
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La sentenza del Consiglio di Stato del 27 giugno 2011, n. 3854, sancisce il principio della non ostatività, alla partecipazione ai concorsi nelle forze armate, di un pregresso uso di stupefacenti, da parte del candidato.
Dal provvedimento di appello – esso, infatti, conferma una pregressa sentenza del TAR del Lazio – non è dato comprendere espressamente se il ricorrente, escluso dal concorso fosse incappato in una violazione penale del T.U. Stup. 309/90; è, peraltro, del tutto ragionevole escludere una simile ipotesi, che si porrebbe in contrasto con l'art. 2 lett. e) del bando del 26 Giugno 2009 (in G.U. 4^ Serie Speciale n. 48 del 26 giugno 2009), il quale testualmente prevedeva la partecipazione di coloro che "non siano, alla data dell'effettivo incorporamento, imputati o condannati per delitti non colposi né sottoposti a misure di prevenzione".
Ergo, il rilievo della sentenza attiene, quindi, a quella condotta di uso di sostanze stupefacenti, che può, al più, configurare un illecito di carattere amministrativo – disciplinato dall'art. 75, dpr 309/90 -.
I giudici dell'appello amministrativo, pur con tutte le cautele e le limitazioni del caso, escludono che un singolo episodio di assunzione di stupefacenti, possa costituire paradigma significativo, idoneo a qualificare la persona come priva di quelle qualità morali, richieste per gli agenti operanti nei corpi di polizia di Stato.
La irrilevanza penale della condotta assuntiva, unitamente al rilievo della sua non riconducibilità ad una precisa ed abituale scelta di vita del soggetto, vengno a costituire ragione idonea ad escludere ogni valenza di offensività che possa, in qualche modo, risultare bastione negativo per la partecipazione alle selezioni militari.
Ritiene, chi scrive, che alla luce del principio esposto dal Consiglio di Stato, si possa affermare che una eventuale segnalazione alla Prefettura della persona, che risulti mero detentore-consumatore e, di conseguenza, la sottoposizione di quest'ultimo, al procedimento che può venire instaurato a mente del richiamato art. 75, dpr 309/90 (in assenza di contestazioni di natura penale), non possa costituire precedente giudiziario che possa formare oggetto di pregiudiziale valutazione negativa o sfavorevole rispetto all'interesse del singolo a partecipare al bando pubblico.
Ne consegue una differente, quanto evidente autonomia qualificativa dell'illecito amministrativo rispetto al reato vero e proprio (ad esempio di cui all'art. 73, T.U. Stup. 309/90), nonchè una palese ed ovvia distinzione delle conseguenze che possono derivare al cittadino al verificarsi delle due situazioni.
La sostanziale assenza di offensività penale della condotta di uso, intesa come manifestazione di uno specifico allarme sociale, riconducibile al disvalore ed all'antigiuridicità, pare elemento decisivo, affinchè ad un comportamento, che ontologicamente si sviluppa e si risolva non solo in termini temporali di occasionalità (episodicità ed assenza di reiterazione), ma anche in un contesto estremamente privatistico e personale, non venga penalizzato oltre misura.
Questa conclusione cui si può, pertanto, legittimamente pervenire, appare, quindi, di particolare importanza e decisività, posto che è assai consueto, nella quotidiana esperienza, rilevare che un giovane possa venire colto all'atto occasionale (e non certo costante) di detenere od assumere stupefacenti.
Per tale ragione, siccome scoperto dalla forze di polizia, l'interessato può essere attinto dai provvedimenti di cui all'art. 75, co. 1, dpr 309/90[1], che talora, risultano ancor più penalizzanti delle stesse sanzioni penali.
Si intende evitare, così, una palese e discrasica ingiustizia, che verrebbe a criminalizzare, immotivatamente, il consumatore sporadico, ponendolo sullo stesso piano di colui che fosse stato condannato per uno dei delitti del dpr 309/90.