Danno non patrimoniale: arrivano le tabelle 2011 di Milano e Roma, le novità ai raggi x
Lesione temporanea ambrosiana, punto fra 91 e 136 euro. Personalizzazione-base nella Capitale
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Semaforo verde alle tabelle 2011 per la liquidazione del danno non patrimoniale dei tribunali di Milano e Roma. È il momento dell'analisi ai raggi x per gli operatori forensi del settore civile attivi nel settore della responsabilità, specialmente per quanto riguarda le tabelle ambrosiane, che sono utilizzate nel maggior numero di uffici giudiziari italiani. Due le novità dalla Lombardia: scatta la liquidazione congiunta dell'intero danno non patrimoniale temporaneo che deriva da una lesione alla persona; nell'ambito del pregiudizio da perdita del rapporto parentale è inserita anche la voce relativa all'ipotesi in cui è il nonno a perdere il nipote (e in effetti sono purtroppo frequenti gli incidenti stradali in cui muoiono i giovanissimi). Le tabelle dei due tribunali sono state aggiornate in base ai parametri Istat: a Milano, dove il periodo di riferimento è compreso fra il primo gennaio 2009 e il primo gennaio 2011, l'aggiornamento avviene con la percentuale 2,8996 in base all'indice costo-vita dell'istituto nazionale di statistica. A Roma le nuove tabelle sono già in vigore da qualche giorno e l'aggiornamento riguarda il solo 2010 (quelle dell'anno scorso "coprivano" già il 2009): anche nella Capitale scatta la personalizzazione-base standard. Si attende sempre che sia varata la tabella unica nazionale prevista dal codice delle assicurazioni.
Unicità e personalizzazione
Partiamo da Milano: la tabella da lesione, permanente e temporanea, all'integrità psico-fisica risulta arrotondata (per eccesso-difetto) all'euro. Pur aggiornato nei valori, resta confermato nell'impianto il modello di liquidazione varato dopo la sentenza 26972/08 delle Sezioni unite civili della Cassazione che ha riaffermato l'unicità del danno non patrimoniale ex articolo 2059 Cc, negando rilevanza autonoma a voci di danno come il "morale" o il "biologico" (e tanto meno quello "esistenziale") che sopravvivono come mere categoria descrittive. In tema di danno permanente all'integrità psico-fisica, si parte sempre dal "punto" della tabella precedente, relativo alla sola componente del danno anatomo-funzionale. Il punto deve essere aumentato di una percentuale ponderata per la necessità di inserire nel valore di liquidazione medio anche la componente di danno inerente la sofferenza soggettiva. E la sequenza è la seguente: dall'1 al 9 per cento d'invalidità l'aumento è del 25 per cento fisso; dal 10 al 34 per cento l'incremento è progressivo per punto dal 26 al 50 per cento; dal 35 al 100 per cento d'invalidità l'aumento torna a essere fisso al 50 per cento. Sono inoltre previste percentuali massime d'incremento da utilizzare per la cosiddetta "personalizzazione". Insomma, come spiega l'Osservatorio per la giustizia civile di Milano, le tabelle di oggi tengono conto del fatto che, in epoca antecedente l'11 novembre 2009, a partire dal 10 per cento d'invalidità le liquidazioni giudiziali si sono attestate intorno ai valori più alti della fascia del danno morale, secondo le tabelle in uso all'epoca, parametrato fra un quarto e la metà del valore di liquidazione del danno biologico.
Largo alla "forchetta"
Il fatto che il danno morale e biologico non esistono più, o almeno non hanno un'esistenza autonoma nell'ambito del danno non patrimoniale, non poteva non ripercuotersi sul danno non patrimoniale di natura temporanea. Serve quindi una liquidazione complessiva anche del pregiudizio non permanente che scaturisce dalla lesione personale. Poniamo di dover risarcire la lesione corrispondente a un giorno di invalidità temporanea pari al 100 per cento: è prevista una forbice compresa fra 91 e 136 euro in modo da consentire l'adeguamento alle circostanze del caso concreto; il valore minimo del range è ottenuto aumentando del 25 per cento il valore 2008, rivalutato al 2009, pari a 70,56 euro, mentre il valore massimo scaturisce dall'incremento del 50 per cento di quello minimo.
Valori familiari
I valori per il ristoro della perdita parentale subiscono un ritocco, arrotondato per eccesso-difetto alla decina d'euro, in base a un sistema che tiene conto una serie di circostanze: la sopravvivenza o meno di altri congiunti; la convivenza o meno di questi ultimi; la qualità e l'intensità della residua relazione affettiva familiare; la qualità e l'intensità del rapporto parentale con la persona scomparsa. Viene quindi inserita anche l'ipotesi in cui al nonno viene a mancare il nipote.
In sintesi, esprimendo gli importi in euro a partire dal livello minimo al massimo, il danno non patrimoniale risulta così determinato a favore di:
ciascun genitore per morte di un figlio 154.350 308.700
figlio per morte di un genitore 154.350 308.700
coniuge non separato o del convivente sopravvissuto 154.350 308.700
fratello per la morte del fratello 22.340 134.040
nonno per la morte di un nipote 22.340 134.040
Vediamo ora che cosa succede se non si verifica il decesso ma comunque una grave lesione alla salute del familiare: la misura del danno non patrimoniale da risarcire alla vittima secondaria, vale a dire al congiunto dell'invalido, risulta svincolato dal danno biologico subito dalla vittima primaria, appunto l'infortunato. Il danno alla vittima secondaria va risarcito nella misura dell'intensità del legame affettivo e dell'alterazione della vita familiare, che si può provare anche per presunzioni. E il tetto massimo è quello previsto in caso di morte.
Capitale del danno
Veniamo a Roma. Per il danno biologico tutto resta immutato rispetto al 2010 al netto dell'adeguamento Istat: per la rivisitazione della tabella se ne riparlerà nel 2012. La novità sta invece nella liquidazione equitativa dell'ulteriore danno non patrimoniale. E si conferma il modello di liquidazione nella misura di una frazione di quanto liquidato per il danno biologico, per facilitare il lavoro dei giudici. È vero: la giurisprudenza di legittimità insegna che, nel rispetto del Trattato di Lisbona e della Costituzione, non si può quantificare il valore dell'integrità morale come una quota minore proporzionale al danno alla salute. Ma la scelta dell'ufficio giudiziario capitolino è dettata dalla necessità di consentire l'esercizio della liquidazione equitativa fornendo un parametro di riferimento ed evitando dunque che si trasmodi nell'arbitrio. E l'indicazione come valore di riferimento della metà di quanto liquidato a titolo di danno biologico che emergeva negli anni scorsi serviva soltanto a affermare un primo criterio omogeneo da affinare. I nuovi criteri sono stati elaborati sulla scorta dell'esperienza recente delle liquidazioni effettuate al tribunale di Roma. Dunque, prendiamo il danno non patrimoniale provato in via presuntiva sulla scorta delle allegazioni della parte: sulla base dell'ordinario pregiudizio che è ricollegabile alla tipologia della lesione si possono ulteriormente individuare fasce di oscillazione che attribuiscono un importo pari al 5 per cento per ogni fascia di 10 punti di danno biologico, con una base comunque del 10 per cento, che si può maggiorare o diminuire fino al 50 per cento a seconda del caso concreto. Un esempio servirà a chiarire: laddove lo scaglione del danno biologico è quello fino al 10 per cento, la percentuale-base del danno non patrimoniale applicabile è pari al 15, con una "finestra" compresa tra 7,5 e 22,5 (con il valore minimo, quindi, pari a 15 meno 7,5 e il tetto massimo pari a 15 più 7,5). Se lo scaglione è quello compreso fra 20 e 30 per cento, la percentuale-base del danno non patrimoniale è pari al 25 con un range applicabile compreso fra 12,5 e 37,5.
Geometrie variabili
Quanto al danno non patrimoniale per la morte di un congiunto, il punto vale 8.725 euro. E i criteri diventano più flessibili. Non conta la mera relazione familiare ma l'intensità affettiva: i coefficienti relativi ai rapporti di parentela si possono ridurre fino a metà e non più fino a un terzo, mentre aumenta da due a quattro punti il punteggio attribuito alla convivenza con il de cuius e da due a tre quello attribuito nell'ipotesi in cui non vi siano altri soggetti che convivevano con la vittima (la convivenza, tuttavia, doveva essere cominciata da almeno tre mesi prima dell'evento pregiudizievole ed essere andata avanti senza interruzioni). Nel caso in cui il superstite non abbia conviventi entro il secondo grado è possibile un incremento del punteggio riconosciuto da un terzo alla metà.
Confrontando le tabelle milanesi e quelle romane, infine, emerge che le prime "privilegiano" le invalidità minori e le seconde quelle più serie.