Diffamazione online: secondo la Corte UE la vittima di lesioni dei diritti della personalità via Internet può adire i giudici dello Stato membro in cui risiede per la totalità del danno subito. Sentenza nelle cause riunite C-509/09 e C-161/10 eDate adver

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Il regolamento sulla competenza giurisdizionale1 prevede che le persone domiciliate nel territorio di uno Stato membro, in linea di principio, siano convenute dinanzi ai giudici di tale Stato. Tuttavia, in materia di illeciti civili dolosi o colposi, una persona può essere convenuta anche in un altro Stato membro dinanzi al giudice del luogo in cui l'evento dannoso si è prodotto o può prodursi. In tal senso, in caso di diffamazione mediante un articolo di stampa scritta, diffuso in più Stati membri, la vittima ha due possibilità per esperire un'azione di risarcimento contro l'editore. Da un lato, essa può adire i giudici dello Stato del luogo ove è stabilito l'editore, competenti a pronunciarsi sul risarcimento della totalità dei danni derivanti dalla diffamazione. Dall'altro, essa può rivolgersi ai giudici di ciascuno Stato membro in cui la pubblicazione è stata diffusa e in cui essa assume aver subìto una lesione della propria reputazione (luogo di concretizzazione del danno). Tuttavia, in quest'ultimo caso, i giudici nazionali sono competenti a conoscere dei soli danni cagionati nello Stato in cui i medesimi si trovano.
Il Bundesgerichtshof (Corte federale di giustizia, Germania) e il Tribunal de grande instance de Paris (Francia) hanno chiesto alla Corte di giustizia di precisare in quale misura tali principi si applichino anche in caso di violazioni dei diritti della personalità per mezzo di contenuti diffusi su un sito Internet.
I fatti nella causa C-509/09
Nel 1993 il sig. X, domiciliato in Germania, è stato condannato assieme a suo fratello da un giudice tedesco all'ergastolo per l'omicidio di un attore famoso. Nel gennaio 2008 è stato ammesso alla liberazione condizionale.
La società eDate Advertising, stabilita in Austria, gestisce un portale Internet accessibile all'indirizzo «www.rainbow.at», ove ha pubblicato informazioni sui ricorsi presentati dal sig. X e da suo fratello avverso la loro condanna. Pur avendo l'eDate Advertising eliminato dal proprio sito Internet l'informazione controversa, il sig. X ha chiesto ai giudici tedeschi di ingiungere alla società austriaca di non riportare più notizie che lo concernono indicando il suo nome per esteso in relazione al crimine commesso. Quanto all'eDate Advertising, essa contesta la competenza internazionale dei giudici tedeschi a dirimere la controversia in quanto ritiene di poter essere convenuta soltanto dinanzi ai giudici austriaci.
I fatti nella causa C-161/10 relativi all'incontro tra la cantante australiana e l'attore francese. Quest'ultimo e suo padre, Robert Martinez, lamentano violazioni della loro vita privata e del diritto all'immagine di Olivier Martinez e, in Francia, hanno agito in giudizio contro la società britannica MGN, editrice del Sunday Mirror. Questa, al pari dell'eDate Advertising, ultima contesta la competenza internazionale del tribunale adito in quanto ritiene non sussista un collegamento sufficientemente stretto tra la pubblicazione in rete nel Regno Unito e il presunto danno sul territorio francese. Orbene, soltanto un siffatto collegamento potrebbe radicare la competenza dei giudici francesi a conoscere degli eventi lesivi connessi con la pubblicazione in rete controversa.
Nella sua sentenza odierna, che Giovanni D'Agata, componente del Dipartimento Tematico Nazionale "Tutela del Consumatore" di Italia dei Valori e fondatore dello "Sportello dei Diritti" porta all'attenzione, la Corte rileva che la pubblicazione di contenuti su Internet si distingue dalla diffusione ? circoscritta territorialmente ? di un testo a stampa, in quanto detti contenuti possono essere consultati istantaneamente da un numero indefinito di internauti, ovunque nel mondo. Pertanto la diffusione universale, da una parte, può aumentare la gravità delle violazioni dei diritti della personalità e, dall'altra, rende estremamente difficile individuare i luoghi di concretizzazione del danno derivante da tali violazioni. Ciò posto – poiché l'impatto di un'informazione messa in rete sui diritti della personalità di un soggetto può essere valutata meglio dal giudice del luogo in cui la vittima possiede il proprio centro di interessi – la Corte designa tale giudice come quello competente per la totalità dei danni causati sul territorio dell'Unione europea. La Corte precisa che il luogo in cui una persona ha il proprio centro di interessi corrisponde, in via generale, alla sua residenza abituale.
La Corte sottolinea nondimeno che, in luogo di un'azione di risarcimento per la totalità del danno, la vittima può sempre adire i giudici di ciascuno Stato membro sul cui territorio un'informazione messa in rete sia accessibile oppure lo sia stata. In tal caso, alla stregua di quanto avviene per i danni causati da un testo a stampa, tali giudici sono competenti a conoscere del solo danno causato sul territorio dello Stato in cui essi si trovano. Del pari, la persona lesa può anche adire, per la totalità del danno cagionato, i giudici dello Stato membro del luogo in cui è stabilito il soggetto che ha messo tali contenuti in rete.
Infine, nell'interpretare la direttiva sul commercio elettronico 2, la Corte statuisce che il principio della libera prestazione di servizi, in linea di massima, osta a che il prestatore di un servizio del commercio elettronico sia soggetto nello Stato membro ospitante a prescrizioni più rigorose di quelle previste dal diritto dello Stato membro in cui il prestatore è stabilito.
 

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