Diritto all'informazione delle persone che scontano, in cella, una condanna
Il black-out informativo per i detenuti non può essere prorogato a oltranza Serve un provvedimento ex novo per prolungare il divieto di leggere il giornale a carico del recluso
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Dalla Cassazione un richiamo alla magistratura di sorveglianza affinché rispetti le garanzie a tutela del diritto all'informazione delle persone che scontano, in cella, una condanna. I magistrati non possono infatti vietare a lungo, reiterando ad oltranza i provvedimenti limitativi, la ricezione dei giornali in carcere ai detenuti che ne fanno richiesta. Così la prima sezione penale di piazza Cavour ha accolto il ricorso di un detenuto recluso a Viterbo al quale, in modo illegittimo, era stata vietata la lettura di "Metropolis edizione nord2.
«Limitazioni tanto rilevanti dei diritti dei detenuti - spiega la Suprema corte, non possono essere reiterate all'infinito senza sostanziale soluzione di continuità». Gli "ermellini" osservano che un simile divieto si può infliggere per un massimo di sei mesi, con una proroga di ulteriori tre mesi, lecita solo se il magistrato di sorveglianza la rinnova prima della scadenza del provvedimento prorogato. Dopo la scadenza, se il magistrato ritiene necessario allungare il divieto, la Cassazione sottolinea che dovrà emettere una nuova ordinanza motivata ex novo.
Nel caso affrontato, a Massimo S. era stata vietata la ricezione del quotidiano per sei mesi, scaduti i quali gli erano stati inflitti - con proroga - altri tre mesi di black-out informativo. Il provvedimento illecito, inflitto dal magistrato di Viterbo, era stato in seguito convalidato pure tribunale di sorveglianza di Roma.
Arianna Siani