Errori giudiziari: in carcere ingiustamente per 18 anni. Solo oggi 56enne di Nuoro scagionato da un sequestro di persona. Il caso di un altro detenuto che non ha commesso nessun reato
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Dopo 18 anni trascorsi dietro le sbarre per essere stato condannato ingiustamente a trent'anni per con l'accusa di essere la mente del sequestro di Vanna Licheri avvenuto nel 1995, solo oggi si è però arrivati a stabilire la sua innocenza. Pietro Paolo Melis è stato assolto "per non avere commesso il fatto" dalla Corte d'appello di Perugia che ne ha ordinato la scarcerazione. Sentenza arrivata al termine del processo di revisione chiesto e ottenuto dai suoi difensori. L'allevatore di Mamoiada (Nuoro), oggi 56 anni, venne arrestato nel dicembre del 1998. Per l'accusa era stato uno degli organizzatori del sequestro di Vanna Licheri, possidente di Abbasanta (Oristano), rapita il 14 maggio del 1995 poi morta durante la prigionia. Forse nel mese di ottobre di quello stesso anno, ipotizzarono gli inquirenti, quando cessarono i contatti tra rapitori e familiari. Melis, che si è sempre proclamato estraneo al sequestro, finì in carcere anche sulla base di una perizia fonica che individuava come sua la voce in un'intercettazione ambientale in auto con un altro imputato. Venne quindi condannato a 30 anni di reclusione con una sentenza divenuta definitiva il 13 dicembre del 1999. I suoi difensori non si sono però mai arresi. Hanno quindi chiesto e ottenuto la revisione del processo davanti alla Corte d'appello di Perugia, per questioni procedurali. Con una consulenza di parte per la quale sono stati utilizzati software sofisticati sono infatti riusciti a mettere in discussione la perizia fonica che all'epoca identificò la voce. E il nuovo processo d'appello ha dato loro ragione, concludendosi con l'assoluzione di Melis. Per Giovanni D'Agata, presidente dello “Sportello dei Diritti”, è il caso che, dimostra come l’infallibilità dei giudici non è che un mito poichè gli uomini sono condannati all’errore, e i giudici, sono uomini. L’errore giudiziario diventa sempre meno un episodio isolato per diventare un fenomeno collettivo, che può minacciare qualsiasi individuo del corpo sociale. La fretta nelle indagini, l’eccessiva fiducia accordata ai testimoni non sempre attendibili, la troppa importanza data alle presunzioni di colpevolezza e agli indizi sono tra i fattori che predispongono all’errore, ai quali va ad aggiungersi la pressione esercitata dall’opinione pubblica che desidera ad ogni costo trovare un colpevole, anche in mancanza di certezze irrefutabili. Come in questo caso, dove pur tardivamente, Pietro Paolo Melis ha avuto la fortuna di imbattersi in un giudice capace di affermare la verità dopo anni di carcere, certificando così un errore che si poteva e che si doveva evitare prima.