Giro di vite agli espianti forzati di organi in Cina. Da giugno gli ospedali adibiti ai trapianti potranno operare solo con organi legittimamente donati
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Lo "Sportello dei Diritti" si è interessato più volte di uno dei fenomeni criminali più odiosi: la tratta di esseri umani per ricavarne organi per i trapianti. Mentre in Italia se ne discute poco o nulla, nonostante la recente segnalazione della nostra associazione che aveva rivelato come un'inchiesta francese, partita dalla Procura di Marsiglia avesse rivelato come il Nostro Paese sarebbe un crocevia di questo terribile ed odioso "commercio", è notizia di questi giorni che da giugno, in Cina tutti gli ospedali adibiti ai trapianti potranno operare solo con organi legittimamente donati.
Negli ultimi decenni, associazioni per i diritti umani, organizzazioni mediche e i media internazionali hanno aspramente criticato la Cina per la pratica di prelevare gli organi dai condannati a morte. La mancanza di chiari parametri legali e l'assenza di misure di controllo nelle carceri ha inoltre portato in molti casi ad abuso fisico dei prigionieri, i cui organi sono talvolta addirittura stati esportati in condizioni di semicoscienza.
Di fronte a lunghe liste d'attesa e brevi prospettive di vita sono molti coloro che preferiscono recarsi in Cina, e pagare decine di migliaia di euro per il proprio intervento, spesso ignorando quale sia la provenienza degli organi. Conseguentemente, il governo cinese ha sviluppato un vero e proprio mercato nel settore, incredibilmente redditizio.
Organizzazioni per i diritti umani negli scorsi anni hanno inoltre denunciato che le esecuzioni dei condannati sono spesso effettuate secondo le necessità di trapianto. Per esempio, i prigionieri sono sparati alla testa nel caso in cui se ne debbano asportare i reni, sul petto per esportarne le cornee, inoltre gli sono somministrati anticoagulanti prima dell'esecuzione per facilitare l'intervento. Data e ora della condanna sono stabiliti secondo la richiesta di trapianto.
Nel Marzo 2012, Huang dichiara sul Lancet, nota rivista medica, che addirittura il 65% dei trapianti in Cina utilizzino organi di donatori deceduti, di cui oltre il 90% provenienti da prigionieri giustiziati. Il governo cinese sostiene che tale prelievo avvenga solamente previo consenso del detenuto e della sua famiglia.
Giovanni D'Agata, presidente dello "Sportello dei Diritti", ricorda che secondo l'Organizzazione mondiale della sanità la carenza internazionale di organi per trapianti ha portato ad un mercato nero per il commercio di organi, così come la nascita di un particolare tipo di turismo in particolare in Cina, quello "dei trapianti d'organo".
I reni sarebbero l'organo più trafficato, perché può essere rimosso ed il donatore in grado di condurre una vita sana.
Un numero impressionante di reni, sarebbero illegalmente convogliati annualmente. Ed il commercio illegale di organi fornirebbe più di 1 miliardo di dollari ogni anno.
Il problema è che probabilmente ancora oggi la lotta contro questa forma di criminalità non è ancora affrontata a livello globale perché forse sottovaluta dalle autorità.
Sul punto l'Unione Europea e gli stati membri a partire dall'Italia particolarmente interessata da esodi di massa di migliaia di uomini, donne e bambini che provengono anche dai paesi che stanno diventando i centri di questa nuova tratta, dovrebbero adottare una strategia comune per combattere questa piaga boicottando e vietando ogni forma di pagamento degli organi che, come ha affermato l'OMS, "rischia di trarre indebitamente vantaggio dei gruppi più poveri e vulnerabili, mina le donazioni altruistiche e porta allo sciacallaggio delle vite umane".