Immigrazione e Fisco. La cartella esattoriale dev'essere notificata nella lingua parlata dallo straniero almeno nella parte impositiva Non è necessaria la traduzione integrale, ma dev'essere garantito il diritto di difesa al contribuente di nazionalità s
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Il Fisco non può esimersi dal rendere effettivo e concreto il diritto di conoscenza dell’atto da parte del contribuente straniero, quantomeno nella parte impositiva, non occorrendo la traduzione integrale dell’atto. L'importante ed innovativo principio di diritto è stato espresso dalla Commissione Tributaria Provinciale di Roma in una sentenza 17702/14 che per Giovanni D’Agata, fondatore dello “Sportello dei Diritti”, è particolarmente significativa in tema di diritti dei cittadini stranieri.
La fattispecie trae spunto da una cartella di pagamento relativa all’anno d’imposta 2006, con cui l’Agenzia delle Entrate di Roma aveva contestato ad un cittadino non residente l’omesso versamento dell’Iva.
Il contribuente straniero decideva così di proporre ricorso innanzi alla Ctp di Roma lamentando la violazione del diritto di difesa, posto che l’atto era stato redatto nella sola lingua italiana.
Al contrario, l’Agente della Riscossione si costituiva in giudizio eccependo l'inesistenza di alcun obbligo di legge ad emettere la cartella in lingua straniera.
Ed allora è la corte a decidere rilevando che, sebbene non esista nel nostro ordinamento un preciso obbligo per l’autorità finanziaria di emettere cartelle di pagamento in lingua straniera, è anche vero che tale obbligo trova fondamento nell’esigenza di garantire anche allo straniero il diritto di difesa. Esigenza quest’ultima che, di certo, può essere realizzata attraverso il controllo dell’atto da parte dell’amministrazione e comunque attraverso una conoscenza sintetica del contenuto dell’atto, che, se indirizzato al contribuente di nazionalità straniera, deve essere redatto nella lingua del suo paese d’origine.
In tal senso, il collegio giudicante sulla scia di alcuni precedenti della Cassazione in materia di esecuzione esattoriale, ha rilevato che la giurisprudenza di legittimità ha chiarito che l’inosservanza dell’obbligo della traduzione degli atti in lingua straniera è rilevabile dal giudice dell’esecuzione soltanto in sede di opposizione proposta dall’interessato ex articolo 617 Cpc, spettando in via amministrativa all’intendente di finanza il controllo sulla irregolarità formale della cartella esattoriale e dell’avviso di mora.
Analogamente, il diritto dello straniero alla conoscenza degli atti del procedimento di espulsione, previsto dall’art. 13 del T.U. sull’immigrazione, non impone, all’autorità amministrativa, che di quegli atti ha l’obbligo di dare comunicazione all’interessato nella lingua del paese di origine o a lui conosciuta, di provvedere alla loro traduzione integrale, bastando una traduzione anche sintetica idonea a garantire sufficientemente il diritto di difesa.
Quanto stabilito dalla corte di merito trova supporto, peraltro, nel dato normativo, visto che l’articolo 6 dello statuto del contribuente impone all’amministrazione finanziaria di assicurare l’effettiva conoscenza da parte del contribuente degli atti a lui desinati. In caso contrario, laddove le modalità di notifica dell’atto non siano state tali da garantire il diritto al contraddittorio, l’atto è da ritenere illegittimo.