In costante aumento su scala globale il consumo pro capite di carne che secondo alcuni studi starebbe in netto collegamento con i cambiamenti climatici planetari.
Dettagli della notizia
Le statistiche in nostro possesso fornite dalla FAO (Food and Agriculture Organization) delle Nazioni Unite sono risalenti, ma la dicono tutta su quanto sia preoccupante l'aumento del consumo pro – capite di carne in gran parte dei paesi del mondo per gli effetti devastanti sul pianeta.
Tra il 1961 e il 2010, infatti, il consumo di carne ha visto una costante crescita praticamente in tutto il mondo a cui è corrisposto un progressivo peggioramento dell'impatto ambientale dovuto proprio a tale cambiamento nelle diete di molti popoli della Terra.
Ciò che non è stato sempre evidenziato, però, è proprio il collegamento tra il consumo di carne ed i cambiamenti climatici che sarebbe stato ampiamente documentato per molti anni e dovuto in gran parte al progressivo disboscamento delle grandi foreste ed in particolare di quella amazzonica alla ricerca di nuovi pascoli per il bestiame. Questa causa di deforestazione, secondo le stime di alcuni esperti avrebbe già prodotto un sconcertante aumento del 17% delle emissioni di gas serra su scala globale anche più degli effetti causati dall'intero settore dei trasporti del pianeta.
Basti pensare che secondo i rapporti della FAO, i livelli di consumo pro capite di carne sono raddoppiati nella sola Cina tra il 1990 e il 2010. Nel 1961, i cinesi consumavano mediamente solo 3,6 kg a persona, mentre nel 2010 hanno raggiunto 52,4 kg ciascuna; mentre la metà dei maiali mangiati nel mondo sono consumati in Cina.
Solo gli Stati Uniti ed il Regno Unito restano tra i pochi paesi i cui livelli di consumo di carne sono rimasti relativamente stabili. Sorprendentemente, non sono gli Stati Uniti a rappresentare lo stato con il consumo più elevato di carne (124.8 kg), ma la Danimarca con un scioccante 145.9 kg per persona nel 2010. Anche gli Italiani hanno modificato le loro diete e sono passati gradualmente (con un balzo decisivo negli anni del boom economico) da 30,5 kg ciascuno del 1961 ai 90,4 nel 2010.
Secondo Giovanni D'Agata, componente del Dipartimento Tematico "Tutela del Consumatore" di Italia dei Valori e fondatore dello "Sportello dei Diritti" risulta evidente che i livelli raggiunti del consumo di carne non siano già più sostenibili per il pianeta e pertanto le politiche alimentari non potranno non essere affrontate come sfide globali.
Il buon esempio dovrà partire proprio da paesi come il nostro dove la "dieta mediterranea" che non ha tra i suoi fondamenti un consumo elevato di carni potrà essere un fiore all'occhiello ed il Belpaese farsi da ambasciatore nel mondo per una vita più sana e per un sistema agroalimentare più sostenibile e meno dannoso per tutto l'ambiente se anche gli italiani vorranno ritornare alle loro migliori tradizioni culinarie.