Insetti minacciano la produzione del pesto in Italia. Parassiti mortali stanno distruggendo migliaia di alberi di pino nel nord Italia che forniscono gran parte dei semi per fare il pesto del paese. Dopo l’allarme lanciato sul “Punteruolo Rosso” e il batt
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Lo “Sportello dei Diritti”, ricorda Giovanni D'Agata che ne è il presidente, risulta impegnato in campagne per sensibilizzare le pubbliche amministrazioni e i privati nella lotta contro le cause di devastazione del paesaggio e del decoro urbano. Ora, dopo i ripetuti avvisi in questi anni dell’emergenza nazionale del “Punteruolo Rosso” e della " Xylella fastidiosa", è la volta di un nuovo invasore. Pochissimi avranno sentito parlare del " Matsucoccus Feytaudi ", mentre molti ne hanno sentito il nome comune, il famigerato " vampiro dei pini marittimi " ma ne hanno sempre sottovalutato l’impatto sul verde pubblico o privato che sia, assieme a tanti amministratori locali, perché forse sino ad oggi non si era parlato troppo degli effetti devastanti che questo parassita delle piante sta iniziando a produrre su vaste aree del Mediterraneo. Questa cocciniglia, proveniente dal Marocco, è arrivata in Italia dalla Francia nel 1970, passando per la Liguria, ha già distrutto migliaia di alberi di pino nel nord Italia, infestando in Toscana 216 ettari, che comprendono anche il parco di San Rossore, mettendo a rischio 10 mila pini e ha già fatto calare la produzione di pinoli del 70%, con 40 aziende in crisi. Nella città medievale di Grosseto nel sud della Toscana, le autorità hanno selezionato 900 pini che devono essere abbattuti per fermare la diffusione degli insetti. Tra gli alberi ci sono i cembri, i cui semi (pinoli) sono raccolti e utilizzati per il Pesto. L'insetto distrugge gli alberi succhiando le gemme del pinolo, causando il loro avvizzimento, indebolendo l'albero fino a farlo cadere. Questa cocciniglia si presenta, come nel sud Italia come un altro batterio mortale, la Xylella fastidiosa, che sta spazzando via alberi secolari di ulivo in Puglia.
L’unica soluzione che appare possibile per evitare la diffusione del parassita nel Nostro Paese e nel resto del Bacino del Mediterraneo, passa attraverso un monitoraggio certosino e capillare del territorio.