L’ INCHIESTA / CHI HA UCCISO PEPPINO BASILE? – 3 / “Un contatore Geiger, dove lo posso trovare?”
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E’ uno degli ultimi giorni di vita di Peppino Basile (nella foto, l’ ultima, scattata in casa di amici, poco prima dalla morte).
Quanti, esattamente, prima del suo assassinio? Pochi. Tre, quattro, una settimana al massimo. Dopo otto anni, i ricordi non sono precisi, ma rimangono quanto basta, per collocare una situazione al posto giusto con sufficiente approssimazione, dal punto di vista temporale, ma, soprattutto, con compiuta ricostruzione, dal punto di vista sostanziale.
Qualcosa rimasta là, nei cassetti della memoria, rinchiusa, inutilizzata, perché apparentemente insignificante, a lungo, fino a quando arriva qualcuno, un giornalista, nella fattispecie, a chiederti di tirare fuori tutti i ricordi, su qualcosa, ma proprio tutti, anche quelli lasciati a perdere, perché ritenuti banali, perciò mai rievocati. Perché questo fa, il giornalista, se deve scrivere: ricerca, si documenta, insiste, con i pochi strumenti di cui dispone, il computer, la suola delle scarpe, la pazienza, l’ analisi e la verifica. I poliziotti fanno le indagini, i magistrati fanno i processi, i giornalisti vanno solo in giro a chiedere, senza poter nemmeno insistere, ma pregare, al massimo, a quante più persone possibile “…tutto, ma proprio tutto…”.
E’ uno degli ultimi giorni di vita di Peppino Basile. Fa caldo, già alle 1o, quella mattina. Giugno profuma ora decisamente della lunga estate salentina, di mare, di spiagge, da cui il vento porta il rumore e il profumo fino al centro di Lecce città. La giacca, sulla camicia, pesa un po’, ma è d’ obbligo, in sede istituzionale. Palazzo dei Celestini fa a gara con i suoi fregi barocchi a riprendere e rilanciare i raggi del sole.
E’ pimpante più del solito, quella mattina, Peppino Basile, e di buon umore. Così sembra a Giovanni D’ Agata, suo amico e collaboratore, col quale ha appuntamento, prima di andare in Provincia, di cui è consigliere, per gli impegni istituzionali del giorno.
Ha in mano la solita agenda, da cui però ‘stavolta spunta vistosamente un foglio dal mezzo delle pagine. Un caffè ci sta tutto, a quell’ ora, in quel momento, dopo i saluti. Solo pochi passi da fare, fino al bar interno, nel cortile.
Prima di entrare, Peppino si gira e chiede a Giovanni, così, all’ improvviso, con finta nonchalance:
“Sai dove posso trovare un contatore Geiger?”.
Entrano. C’è gente, sette-otto persone, nel piccolo locale, che danno tanto da lavorare al momento alla proprietaria, la signora al bancone. C’è da aspettare il turno.
Giovanni, risponde basito: “Ma ce tenda fare?”.
Peppino non risponde a sua volta, ma si rivolge ai presenti, visibilmente contento, annuncia di voler offrire a tutti la consumazione, e ascolta subito dopo la vaga risposta dell’ amico alla sua domanda: “Mah…Su e-bay…”.
Quando arriva il loro turno, prendono il caffè, Peppino paga, ed escono.
Il contatore Geiger è uno strumento che misura radiazioni di tipo ionizzante, in particolare le radiazioni provenienti da decadimenti di tipo Alfa, Beta e Gamma.
Nel cortile, incuriosito, Giovanni torna alla carica: “Ma che cosa ci vuoi fare tu, con un contatore Geiger?”.
Il sorriso sparisce dal volto di Peppino. Si trattiene. Parla con l’ amico brevemente delle altre faccende del giorno. Poi, appena prima di andare via, di entrare negli uffici della Provincia, si fa serio, e quasi solenne sbotta queste parole, solo queste precise parole:
“Da Taranto ci portano merda. E passa pure a Gallipoli…”.
Non aggiunge altro, e se ne va.
Dunque, pochi giorni prima di essere ucciso, Peppino Basile cerca di procurarsi un contatore Geiger. Vuole misurare la radioattività di qualche sito, di qualche insediamento, di rifiuti radioattivi (‘merda‘) nel Salento (‘ci portano’).
Probabilmente, qualcuno gli ha detto qualcosa di preciso al riguardo, o comunque gli ha messo una pulce nelle orecchie. E ronza, ronza maledettamente quella pulce, nelle orecchie di Peppino Basile. E’ contento, di poter aprire un nuovo fronte, ancor più clamoroso, per le sue battaglie contro i rifiuti speciali sepolti qui da noi, ora – sa con precisione – pure radioaativi. Ma, era fatto così, prima vuole essere sicuro.
Prima, come era solito fare, rispettoso come era delle istituzioni, vuole informare qualche responsabile a livello istituzionale, e poi, solo poi, ‘uscire’ con la denuncia Tanto è vero che non ne parla nemmeno con il suo migliore amico, nonché primo collaboratore, al quale, come abbiamo visto, dice appena poche parole al riguardo.
Però chiama, lascia detto in redazione, glielo dice al telefono, proprio in quel periodo, esattamente in quei giorni prima della sua morte, il suo giornalista di fiducia, Gaetano Gorgoni, all’ epoca direttore dell’ emittente televisiva “Canale 8″, al quale Basile si rivolgeva spesso, chiedendo ‘spazio’ per le sue denunce politiche, sia per la discarica, sia per un po’ per tutte le altre vicende, è vero, ma in questa circostanza, in questo momento, va letteralmente all’ assalto: “Ho una novità“, “una bomba” e frasi simili.
Il collega l’ ha ricordato proprio in questo periodo, scrivendone sul “Corriere salentino” il 28 dicembre scorso, in un ‘pezzo’ dedicato agli sviluppi del caso – Burgesi: “Qualche giorno prima di morire, disse che avremmo dovuto incontrarci per delle novità…Diceva di avere ‘una bomba fra le mani’…Lo avrei incontrato nuovamente al mio ritorno da Milano (dove si trovava per altri impegni, ndr) ma quando rientrai lo avevano già ucciso. Se si trattava di una piccola cosa enfatizzata, o della chiave di questo omicidio, forse non lo sapremo mai”.
Forse.
Contattato telefonicamente da leccecronaca.it Gaetano Gorgoni ha riconfermato la circostanza, ha ricordato esattamente le parole usate per chiedergli l’ incontro, ha collocato temporalmente quelle forti insistenze, quell’ enfasi, proprio nei giorni immediatamente precedenti il delitto.
Ha anche aggiunto di aver informato all’ epoca di tutto ciò gli inquirenti.
Rimangono le poche parole accennate, come visto, da Peppino Basile a Giovanni D’ Agata.
Poche, ma significative. Perché otto anni non sono passati invano.
Solo da pochi giorni infatti, dalla fine del mese scorso, dicembre 2016, sono spuntati fuori dalle cronache politico-giudiziarie nazionali elementi, all’ epoca ignoti, e più o meno ignoti rimasti per tanto tempo, che combaciano perfettamente con quelle poche, ma significative parole: “Merda…Taranto…Gallipoli…”.
leccecronaca.it ha cercato adesso dove incastrare i tasselli nel puzzle. Adesso, a leccecronaca.it un quadro è venuto fuori, un quadro con merda radioattiva, Taranto e pure Gallipoli. Lo riferiremo domani, nella quarta e penultima puntata della nostra inchiesta.
Non sappiamo cosa altro fece Peppino quel giorno, e in quei pochi giorni che separano quelle parole dal suo assassinio. Presumibilmente andò da qualche tecnico della Provincia, o del comune di Ugento. Plausibilmente, più della Provincia, che del Comune.
Forse, ne parlò con qualche dirigente, con qualche funzionario, con qualche agente della Polizia Provinciale, di quelle ricerche, che voleva fare con il contatore Geiger. Forse, in sede di commissione ambiente, provinciale, o comunale, disse qualcosa di più preciso, che chissà se è rimasto, o è stato poi riferito, a qualche politico delle Istituzioni, di cui tanto Peppino Basile si fidava.
Forse, con ciò in pratica firmò la sua condanna a morte. ______
(3 – continua)
LE PUNTATE PRECEDENTI:
1 – SANGUIGNO, PASSIONALE. SEMPRE IN PRIMA LINEA. SEMPRE A VOCE ALTA. MA SOTTOVOCE AGLI AMICI DICEVA: ‘Prima o poi qualcuno mi ammazzerà‘
di Roberta Nardone
http://www.leccecronaca.it/index.php/2017/01/08/l-inchiesta-chi-ha-ucciso-peppino-basile-1/
2 – IL SALENTO, LA NUOVA, VERA, GRANDE TERRA DEI FUOCHI. C’E’ DI TUTTO, DI PIU’. E ANCHE PEGGIO
di Antonella Elefante