La Cassazione: non paga l'Irpef il contribuente che vive in Svizzera ma lavora in Italia
E' rilevante il domicilio fiscale che è il luogo dove il contribuente ha la sede dei propri affari e interessi sia personali che patrimoniali
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Lo ha stabilito la Suprema corte. L’Agenzia delle entrate, con avviso di accertamento, contestata l’omessa dichiarazione, aveva recuperato a tassazione i redditi da lavoro corrisposti a un lavoratore da una srl e quelli assimilati a redditi da lavoro dipendente corrisposti dall'Inps, sul presupposto che egli, cittadino italiano, residente in Svizzera e iscritto all’Aire, avesse domicilio fiscale in Italia. La Ctr aveva respinto l’appello dell’Agenzia per la riscossione. L’ufficio, così, è ricorso in sede di legittimità affermando che c’era stata una violazione dell'art. 2, comma 2-bis, del Dpr 917/1986, il quale prevede che si presuma residente in Italia chi ha trasferito la residenza in paese a fiscalità privilegiata. Inoltre, a suo avviso, l’Italia è il paese dove ha intessuto i rapporti sociali e professionali. I Supremi giudici hanno osservato che il lavoratore è residente in Svizzera ed è iscritto all'Aire (anagrafe dei residenti all’estero), pertanto, il criterio di attribuzione della residenza fiscale in Italia, invocato dall’Ufficio, sarebbe rappresentato dal domicilio. Sul punto, il collegio ha ricordato che “il domicilio deve essere inteso come la sede principale degli affari e interessi economici nonché delle relazioni personali, come desumibile da elementi presuntivi. Il concetto di domicilio va valutato, cioè, in relazione al luogo in cui la persona intrattiene sia i rapporti personali che quelli economici, dovendo il concetto di interessi, in contrapposizione a quello di affari, intendersi comprensivo anche degli interessi personali”. Per i giudici di legittimità, infatti, di cui ha scritto il sito Cassazione.net, rileva Giovanni D'Agata, presidente dello “Sportello dei Diritti”, il motivo è fondato e, al riguardo, hanno ricordato che “Nel caso esaminato, non si può attribuire al lavoratore un domicilio in Italia in quanto lo stesso ha provato che da anni aveva stabilito il proprio centro di interessi vitali in Svizzera, unitamente al proprio nucleo familiare. Inoltre, secondo il collegio, la vicinanza tra luogo di residenza e sede di lavoro non impedisce di considerare il centro di interessi vitali oltre il confine”.