La Cassazione: omicidio stradale, non basta l’esame delle urine positivo alla cannabis a integrare l’aggravante
Serve il prelievo di sangue: nei liquidi biologici i metaboliti della sostanza restano per giorni. Dato neutro la guida spericolata: necessario il riscontro di elementi sintomatici come le pupille dilatate
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Non basta l’esame delle urine positivo alla cannabis e alla cocaina a far scattare l’aggravante nell’omicidio stradale: i metaboliti dello stupefacente, infatti, possono restare per qualche giorno nei liquidi ematici. E dunque serve il prelievo di sangue, che dà certezza sull’attualità dell’assunzione. L’accertamento condotto sui liquidi biologici deve quindi essere riscontrato da dati sintomatici rilevati dalla polizia sul conducente del veicolo al momento del fatto: ad esempio pupille dilatate, occhi lucidi e stato di ansia. Mentre la guida spericolata costituisce un dato del tutto neutro rispetto all’accertamento dello stato di alterazione. È quanto emerge dalla sentenza 48632/2022 pubblicata il 22 dicembre dalla quarta sezione penale della Cassazione. È accolto uno dei motivi di ricorso proposti dall’imputato, condannato a due anni e otto mesi di reclusione (il delitto ex articolo 589 bis assorbe la contravvenzione ex articolo 187, comma primo e primo bis, Cds). Il sostituto procuratore generale, invece, concludeva per l’inammissibilità dell’impugnazione. Trova ingresso la censura secondo cui non risulta acquisito alcun elemento di riscontro, neppure sintomatico, dello stato di alterazione al momento dell’incidente costato la vita al passeggero dell’auto condotta dal prevenuto: il risultato del prelievo sangue, infatti, risulta inutilizzabile a causa di uno scambio di campioni, mentre l’analisi delle urine risulta insufficiente perché il dato della presenza di tracce della droga così come quelle di alcol deve essere attualizzato al momento della condotta. E soltanto l’esame ematico ha sul punto una valenza probatoria vicina alla certezza. Per gli Ermellini, infatti, di cui ha scritto il sito Cassazione.net, rileva Giovanni D'Agata, presidente dello “Sportello dei Diritti”, il motivo è fondato e, al riguardo, ha ricordato che “Per ritenere sussistente lo stato di alterazione sarebbe stato necessario rilevare nel conducente, ad esempio, uno stato di euforia o eccitazione oppure conati di vomito, sudorazione anomala, difetto di attenzione. Ma nessuno degli elementi sintomatici è rilevato dagli agenti al momento né emerge dall’istruttoria dibattimentale. Né il fatto che l’automobilista proceda a una velocità particolarmente elevata è di per sé indice che sia sotto l’effetto di droga”.