La Cassazione: va abbattuto l’immobile abusivo a Ischia nonostante il condono del decreto Genova
Illegittima la sanatoria senza parere favorevole della soprintendenza: nella zona soggetta a vincolo serve la valutazione postuma di compatibilità paesaggistica
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Neppure il condono del decreto Genova evita la demolizione dell’immobile abusivo a Ischia. E ciò perché quando l’abuso edilizio risulta compiuto in una zona sottoposta a vincolo paesaggistico, come l’Isola verde, il procedimento amministrativo per l’adozione del parere da parte della soprintendenza segue l’iter di maggior rigore disegnato dalla legge sul condono edilizio e non quello disciplinato dal codice dei beni culturali e del paesaggio. È lo stesso decreto legge 109/18, infatti, a richiamare in modo esplicito il modulo procedimentale per il rilascio del parere previsto dall’articolo 32 del decreto legge 269/03 che, sostituendo l’articolo 32 della legge 47/1985, detta regole più stringenti. È quanto emerge dalla sentenza 29897/2022 pubblicata il 10 gennaio 2023 dalla terza sezione penale della Cassazione. Diventa definitivo il no opposto dal giudice dell’esecuzione all’istanza di revoca della demolizione del manufatto abusivo dopo la condanna definitiva per un reato urbanistico. E ciò perché è illegittimo il permesso di costruire in sanatoria rilasciato da uno dei Comuni dell’isola. Nel decreto per la ricostruzione del ponte Morandi nel capoluogo ligure, infatti, il governo Conte I ha introdotto una norma che, per gli edifici ischitani danneggiati dal terremoto del 21 agosto 2017, rende applicabili alle domande di condono edilizio ancora pendenti le più favorevoli disposizioni della legge 47/1985, che, a differenza delle leggi di condono successive, non prevedevano alcun limite di cubatura per gli abusi condonabili. Il punto è che nella specie il preavviso di parere non favorevole alla compatibilità paesaggistica risulta reso dalla soprintendenza a poco più di tre mesi dalla richiesta: rientra dunque abbondantemente nel termine previsto dall’articolo 32, primo comma, della legge 47/1985, introdotto dal decreto legge 269/03 e richiamato in modo espresso dal dl Genova. Per gli Ermellini, infatti, di cui ha scritto il sito Cassazione.net, rileva Giovanni D'Agata, presidente dello “Sportello dei Diritti”, il motivo è fondato e, al riguardo, ha ricordato che “Né l’autorizzazione paesaggistica né il permesso in sanatoria rilasciato dal Comune contengono un minimo accenno alle ragioni per le quali la soprintendenza ha deciso di non esprimere parere favorevole: i provvedimenti sarebbero comunque illegittimi anche se si volesse ritenere applicabile la disciplina meno rigorosa ex articolo 146 del decreto legislativo 42/2004”.