Non solo marò. L'Italia dimentica i 3103 detenuti all'estero. Basta col silenzio di Stato e dei media sulla condizione dei connazionali in carcere fuori dall'Italia
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Se ne parla solo per casi eccezionali e che riguardano solo fatti eclatanti come quello dei due marò in India che hanno innescato una querelle internazionale come poche precedenti, ma sono migliaia, per la precisione 3103, i nostri connazionali detenuti attualmente all’estero.
Non solo, quindi, uomini in divisa, ma migliaia di singole storie e migliaia di famiglie che vivono quasi sempre in silenzio e senza alcun aiuto, l’angoscia di un parente arrestato quando era turista, residente o lavoratore, ma lontano anche migliaia di chilometri e con minime possibilità d’interloquire con la madrepatria.
I dati ufficiali del Ministero degli Esteri parlano chiaro: sono 3103 gli italiani che per colpa di guai con la giustizia in un paese straniero si trovano detenuti.
Il fatto più eclatante è che tra tutti coloro che sono in carcere, solo 677 stanno scontando una condanna, mentre ben 2400 sono in attesa di giudizio. Solo 32, peraltro, attendono un provvedimento di estradizione.
Venendo alla distribuzione geografica di questi nostri concittadini nel globo, quasi tre quarti di queste persone è in arresto nei paesi dell’Unione europea, 494 nelle Americhe, 129 negli stati dell’Europa dell’est, o comunque fuori dall’Unione, 76 in Asia, 64 in Medio Oriente e solo 17 in Africa.
Per quanto riguarda la situazione continente per continente significativo è il dato della Germania nella quale vi è il numero più alto di connazionali detenuti: sono 1115, ma ciò è dovuto alla numerosa presenza della comunità italiana. Numeri ben inferiori troviamo a seguire in Spagna e poi Belgio.
Nelle Americhe il maggior numero di italiani in carcere si trova in Brasile: 83 persone, 81 in Venezuela, 76 in Perù e 69 negli Stati Uniti, anche in ragione dell’elevato numero di connazionali e dove si reca il maggior numero di turisti. Esistono anche piccoli paesi, che non sono mete di grande flussi turistici, tra questi l’Honduras, dove risulta un italiano in prigione. Tra Asia e Africa spiccano i casi di Congo e Tanzania, mentre 24 italiani si trovano ad oggi in stato di detenzione in Australia. 17, invece sono detenuti in India: sette hanno già subito una condanna mentre 10 risultano essere in attesa di giudizio come i due marò Massimiliano Latorre e Salvatore Girone.
Per Giovanni D&\#39;Agata, fondatore dello “Sportello dei Diritti”, è ora che lo Stato italiano dica la sua sulla situazione dei detenuti all’estero che come è stato giustamente sottolineato sono dei “Prigionieri del silenzio” tant’è che i familiari si sono costituiti in associazione con questo significativo appellativo. Perché il problema della detenzione oltre confine non è solo una questione per chi è in carcere per scontare una condanna giusta o meno. Il problema riguarda anche migliaia di parenti in Italia costretti non solo a soffrire anche decenni in attesa di riabbracciare il proprio congiunto, ma a spendere tutte le proprie risorse, per chi ce le ha, sia per l’assistenza al familiare recluso all’estero, per il suo mantenimento, le spese legali e per i viaggi.
È giunta l’ora, per Giovanni D’Agata di trarre le dovute conseguenze emanando un apposito provvedimento legislativo che consenta la creazione di un’apposita struttura d’assistenza presso la Farnesina, anche per alleviare i costi a carico delle famiglie. Ciò per tutti e non solo per i marò.
Nel frattempo, lo “Sportello dei Diritti”, continuerà la sua opera di assistenza attraverso i suoi collaboratori, dando supporto e consulenza a tutti quei cittadini e familiari che si trovano in questa drammatica condizione.