Operazioni palesemente anomale sul conto del cliente?

Per la Cassazione la banca “è responsabile” anche se il conto corrente è di un partito politico. Il delegato di un partito politico non può sempre prelevare tutto il denaro

Operazioni palesemente anomale sul conto del cliente?

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Di chi è la responsabilità se c’è un’operazione anomala fatto a tua insaputa? E’ tua, anche se ci rimetti i soldi? Oppure è della banca che permette che ciò avvenga. Il quesito, diventato dirimente vista il boom, potrebbe essere risolto dalla Cassazione con l’ordinanza n. 31052 del 4 dicembre 2024 che ha accolto il ricorso di un partito politico: “La banca è responsabile delle operazioni sul conto corrente che appaiono palesemente anomale”. Ad esempio, il delegato di un partito politico non può sempre prelevare tutto il denaro. Ad avviso dei giudici di legittimità, infatti, di cui ha scritto il sito Cassazione.net, rileva Giovanni D'Agata, presidente dello “Sportello dei Diritti”, il motivo è fondato e, al riguardo, hanno spiegato che “In tema di conto corrente bancario, ancorché all'istituto di credito non faccia capo un dovere generale di monitorare la regolarità delle operazioni ordinate dal cliente, nondimeno in applicazione dei doveri di esecuzione del mandato secondo buona fede ad esso è ascritto un obbligo di protezione che, ogni qualvolta l'operazione appaia “ictu oculi” anomala e non rispondente agli interessi del correntista, impone di rifiutarne l'esecuzione o, quantomeno, di informare il cliente. E ciò perché, la clausola di buona fede nell'esecuzione del contratto opera come criterio di reciprocità, imponendo a ciascuna delle parti del rapporto obbligatorio di agire in modo da preservare gli interessi dell'altra e costituisce un dovere giuridico autonomo a carico delle parti contrattuali, a prescindere dall'esistenza di specifici obblighi contrattuali o di quanto espressamente stabilito da norme di legge; ne consegue che la sua violazione costituisce di per sé inadempimento e può comportare l'obbligo di risarcire il danno che ne sia derivato. Tanto più che il principio di correttezza e buona fede -il quale, secondo la Relazione ministeriale al codice civile, "richiama nella sfera del creditore la considerazione dell'interesse del debitore e nella sfera del debitore il giusto riguardo all'interesse del creditore"- deve essere inteso in senso oggettivo in quanto enuncia un dovere di solidarietà, fondato sull'art. 2 della Costituzione, che, operando come un criterio di reciprocità, esplica la sua rilevanza nell'imporre a ciascuna delle parti del rapporto obbligatorio, il dovere di agire in modo da preservare gli interessi dell'altra, a prescindere dall'esistenza di specifici obblighi contrattuali o di quanto espressamente stabilito da singole norme di legge, sicché dalla violazione di tale regola di comportamento può discendere, anche di per sé, un danno risarcibile”.

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