Per il razzismo sugli italiani è lite a New York
Dibattito dopo che il consigliere Chi Chi Ossé di New York avrebbe definito "un campanello d'allarme" il nome italoamericano di un'impresa edile
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Il consigliere comunale di Brooklyn, Chi Chi Ossé, è finito al centro di un’accesissima polemica a causa di alcuni commenti ritenuti offensivi verso la comunità italo-americana di New York. La controversia nasce da una dichiarazione rilasciata lunedì da un esponente democratico che presiede la Commissione per gli Affari Culturali del Consiglio comunale di New York. Al centro della diatriba c’è un’impresa edile di nome Dragonetti Brothers Landscaping, che in passato si è aggiudicata alcuni appalti comunali ma che l’anno scorso è stata costretta a pagare più di un milione di dollari in rimborsi per frode assicurativa. Nel corso di un dibattito relativo proprio agli appalti pubblici vinti dalla controversa azienda di costruzioni, Ossé ha affermato che “il nome ‘Dragonetti’ avrebbe dovuto essere il primo campanello d’allarme nell’aggiudicazione delle gare“. Un’uscita che non è decisamente piaciuta ai numerosi legislatori italo-americani di New York tra cui il repubblicano Joe Borelli (Staten Island) e il democratico Bob Holden (Queens). Secondo loro, infatti, si tratterebbe di un commento di cattivo gusto sul cognome italiano della ditta, lasciando intendere che le aziende gestite da italo-americani abbiano un che di losco e sospetto a causa di presunti legami con la criminalità. “Il commento di Ossé durante un’udienza del Consiglio comunale che paragona gli italiani alla criminalità organizzata è riprovevole e disgustoso e non ha posto nella nostra società”, ha detto Borrelli. “È inquietante vederlo dare ripetutamente prova di bigottismo e razzismo, ed è ora che si scusi per il suo commento, che segua un corso di formazione sulla sensibilità e sui pregiudizi e che si impegni a fare meglio in futuro”, ha aggiunto. Holden ha invece definito l’osservazione del collega di partito “disgustosa”. Non si è fatta attendere la replica di Ossé, che ha precisato che il suo intento non era quello di denigrare gli italo-americani, bensì di evidenziare i precedenti penali dell’azienda. “Non aveva nulla a che fare con gli italiani”, ha detto il consigliere. “Aveva invece tutto a che fare con il fatto che l’azienda è già stata condannata in passato”. L’ufficio del procuratore distrettuale di Manhattan sostiene che tra il 2017 e il 2019 la Dragonetti Brothers abbia classificato erroneamente 217 operai, capisquadra e operatori di attrezzature pesanti come fioristi, assistenti d’ufficio o rappresentanti di vendita per evitare di pagare più di 1,1 milioni di dollari di premi assicurativi. Per questo motivo le è stato impedito di lavorare con il Dipartimento di progettazione e costruzione della città per tre anni. Al di là della diatriba apparsa sulle pagine dei principali giornali newyorkesi, per Giovanni D'Agata, presidente dello “Sportello dei Diritti”, ancora una volta gli italoamericani, pur essendo una delle principali componenti della società americana, sono il bersaglio degli “altri” a causa di stereotipi che non sono mai sopiti. Giusta, quindi, la presa di posizione da parte di chi invece vuole stigmatizzare il falso, bigotto, binomio ancora presente nella mentalità di troppi, italiani=mafiosi.