Piercing e conseguenze lesive. Cassazione penale: va condannato per lesioni il piercer per l’infezione che ha causato danni al cliente.
Risarcimento accordato alla minore perché la tatuatrice non rispetta fondamentali norme igieniche
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Più e più volte noi dello “Sportello dei Diritti” abbiamo segnalato i rischi connessi a piercing e tatuaggi e ai pregiudizi che spesso possiamo verificare, è proprio il caso di dirlo, sulla nostra pelle. In troppi casi, infatti, il mancato rispetto di norme igieniche basilari, allergie, l’utilizzo di pigmenti tossici o pure cancerogeni o anche e solo ragioni psicologiche come il rimorso di essersi lasciato sull’epidermide ed in bella vista un segno indelebile del quale ci si è pentiti, possono comportare anche conseguenze per piercer e tatuatori. Interessante, in tal senso, è la sentenza 32870/20, pubblicata il 24 novembre dalla quarta sezione penale della Cassazione, che ha confermato la condanna nei confronti di una tatuatrice, o meglio piercer, per il reato di lesioni ai sensi dell’art. 590 del codice penale perché un piercing aveva causato un’infezione ad una minorenne. Nella fattispecie, l’imputata è stata condannata anche al risarcimento di cinquecento euro in favore della cliente alla quale, dopo averle posizionato un piercing all’orecchio, le aveva cagionato, come detto, un’infezione al padiglione auricolare. All’”artista”, in particolare, è stata imputata negligenza, imperizia e imprudenza per non aver rispettato le norme di igiene e di disinfezione che hanno portato la giovane a subire una malattia, poi superata con le dovute cure tra cui gli antibiotici, dopo quaranta giorni. Secondo i giudici di legittimità appare del tutto generica l’affermazione del consulente tecnico della difesa secondo cui la cattiva manutenzione igienica della ferita, da parte della vittima, debba ritenersi quale causa più probabile dell’infezione. In definitiva, è stata corretta la decisione del giudice di merito per il quale non sussistono ipotesi secondo cui l’insorgenza sia da riferire allo scarso rispetto dell’igiene e delle prescrizioni poste dalla ricorrente, visto che la madre della minore, sottoposta al foro, si era assicurata dell’osservanza. Mentre le risultanze indicano che la piercer non aveva rispettato le regole igieniche basilari. Una decisione che, per Giovanni D'Agata presidente dello “Sportello dei Diritti”, dà ragione alle nostre azioni a tutela dei danneggiati da queste pratiche e ai nostri inviti alla prudenza rivolti non solo agli adulti ma, soprattutto, ai tanti minori che scelgono, a volte in maniera del tutto inconsapevole, di volersi ornare il corpo e che poi si ritrovano pentiti o addirittura lesi dalle conseguenze di questi orpelli.