A) Esposizione della vicenda
Con una pronuncia shock, la Corte Costituzionale con la sentenza 17 marzo 2015, n. 37 ha dichiarato l’illegittimità costituzionale dell’art. 8, comma 24, del D.L. 2 marzo 2012, n. 16 (convertito, con modificazioni, dall’art. 1, comma 1, della legge 26 aprile 2012, n. 44). La Consulta ha dunque timbrato come illegittimi un migliaio di manager pubblici, di cui 767 nella sola Agenzia delle Entrate: ragione, lo scatto di carriera ingiustificato, che era avvenuto, per costoro, senza un’adeguata partecipazione a una trasparente procedura di selezione interna come da normativa sui contratti pubblici.
Una sentenza che ha scatenato il panico negli uffici delle Agenzie fiscali, poiché in breve si è diffusa l’equazione che c’era la possibilità di mandare in fumo migliaia di atti e procedure di accertamento o verifica fiscale.
Se i dirigenti occupavano posizioni indebite, si è detto, allora anche gli atti da loro firmati o autorizzati, ivi compresi gli avvisi che hanno poi provocato l’apertura di cartelle da parte di Equitalia, saranno illegittimi.
Una conclusione a cui l’Agenzia delle Entrate ha subito cercato di porre un argine, sottolineando la validità dei documenti emanati dall’ente. In ogni caso, rimane la possibilità per i contribuenti di appellarsi contro gli atti di cui sono destinatari notificati dall’Agenzia delle entrate, dall’Agenzia delle dogane o dall’Agenzia del territorio per inesistenza della carica da cui essi son derivati.
1) Sentenza Corte Costituzionale n. 37 del 17 marzo 2015
“È illegittima la norma del "decreto Semplificazioni fiscali” che ha consentito alle agenzie fiscali (Dogane, Entrate e Territorio, escluso Demanio) di conferire, nelle more dell’espletamento delle procedure concorsuali, incarichi dirigenziali ai propri funzionari con la stipula di contratto di lavoro a tempo determinato, per il tempo necessario a coprire il posto vacante tramite concorso.”.
E’ quanto ha affermato la Corte Costituzionale con la sentenza n. 37 del 17 marzo 2015, la quale censura la disposizione di cui all’art. 8, comma 24, del D.L. n. 16/2012, n. 16 (conv., con modif., dalla legge n. 44/2012) che ha previsto che le posizioni dirigenziali vacanti dell'Agenzia delle entrate, dell’Agenzia delle dogane e dell’Agenzia del territorio, venissero coperte attraverso l’espletamento di procedure concorsuali da completarsi entro il 31 dicembre 2013, salva la facoltà di affidamento a tempo determinato ai propri funzionari delle medesime posizioni, laddove ha ritenuto nella fattispecie esaminata trattasi di un “aggiramento della regola del concorso pubblico per l’accesso alle posizioni dirigenziali”, la quale ha contribuito all’indefinito protrarsi nel tempo di un’assegnazione asseritamente temporanea di mansioni superiori, senza provvedere alla copertura dei posti dirigenziali vacanti da parte dei vincitori di una procedura concorsuale aperta e pubblica.
Unitamente alla proroga di cui all’art. 8 citato, la Consulta ha dichiarato l’illegittimità costituzionale di altre due proroghe al conferimento degli incarichi dirigenziali a funzionari delle tre agenzie ovvero quella di cui all’art. 1, comma 14, del d.l. 150/2013, ed all’art. 1, comma 8, del d.l. 192/2014. In sostanza le proroghe sono state disposte nel tempo, rispettivamente sotto i governi Monti, Letta e Renzi per assicurare, nelle more dell’espletamento delle procedure concorsuali la funzionalità operativa delle strutture.
In particolare, la controversia origina da un ricorso davanti al TAR per il Lazio presentato dall’organizzazione sindacale Dirpubblica: il giudice amministrativo, con la sentenza n. 6884 del 1° agosto 2011, aveva accolto il ricorso e a seguito dell’appello dell’Agenzia delle Entrate, il caso è passato al vaglio del Consiglio di Stato. Nelle more del procedimento di appello è, per l’appunto, stato “sanato” dal Governo “Monti” con il comma 24 dell’art. 8 del “Decreto Semplificazioni Fiscali”.
Il Consiglio di Stato allora ha stoppato la sua decisione e, con una ordinanza separata ha rimesso alla Corte costituzionale la questione.
Orbene, la sentenza 37/2015 in commento ha stabilito che <<il conferimento di incarichi dirigenziali nell’ambito di una amministrazione pubblica debba avvenire previo esperimento di un pubblico concorso, e che il concorso sia necessario anche nei casi di nuovo inquadramento di dipendenti già in servizio>>. Vieppiù, la Corte in linea con precedenti (sentenza 192/2002) ha evidenziato come anche il passaggio a una fascia funzionale superiore comporti <<l’accesso a un nuovo posto di lavoro corrispondente a funzioni più elevate ed è soggetto, pertanto, quale figura di reclutamento, alla regola del pubblico concorso>>.
Giova ricordare a tal proposito, che l’Agenzia delle Entrate, per colmare le carenze nell’organico dei propri dirigenti, ha negli anni fatto ampio uso dell’istituto previsto dall’art. 24 del proprio regolamento di amministrazione che consente la copertura provvisoria delle eventuali vacanze nelle posizioni dirigenziali previa valutazione di idoneità degli aspiranti, pensato però per situazioni peculiari, e non quale metodo ordinario, come in realtà è accaduto con le diverse proroghe succedutesi. Si tratta dei c.d. “dirigenti incaricati”, ai quali viene riconosciuto lo stesso trattamento economico dei dirigenti, “fino all’attuazione delle procedure di accesso alla dirigenza” e, comunque, fino ad un termine finale predeterminato, che, però, dal 2006, è stato più volte differito da delibere del Comitato di gestione dell’Agenzia.
Peraltro, la illegittimità per la Consulta è nel non ricondurre tale procedura né al modello di affidamento di mansioni superiori a impiegati di livello inferiore né all’istituto della reggenza. Il primo caso, infatti, prevede l’affidamento per non più di sei mesi prorogabili fino a 12 quando è avviata la procedura per la copertura del posto vacante, il secondo modello, quello della reggenza, serve a colmare i vuoti nell’ufficio per cause imprevedibili. Straordinarietà e temporaneità sono caratteristiche essenziali dell’istituto. Ed invece, le continue proroghe hanno fatto ritenere i provvedimenti carenti delle caratteristiche proprie della reggenza. Ciò significa, secondo la Consulta, che <<il legislatore apparentemente ha riaffermato, da un lato, la temporaneità della disciplina, fissando nuovi termini per il completamento delle procedure concorsuali, ma dall’altro allontanando sempre di nuovo nel tempo la scadenza di questi, ha operato in stridente contraddizione con l’affermata temporaneità>>.
Ecco che, alla luce della sentenza in commento, se per il futuro si dà per scontata la nullità dei provvedimenti, atti e circolari firmati dai circa 1.200 funzionari nominati dirigenti senza concorso (il 75% del totale), tra Agenzia delle Entrate, del Territorio e delle Dogane, per gli atti passati nascono i dubbi e le perplessità. Ed infatti, se anche la Consulta ricorda che la possibilità di ricorrere all’istituto della delega anche a funzionari, per l’adozione di atti a competenza dirigenziale, consente di garantire la funzionalità delle Agenzie, a prescindere dalla validità degli incarichi dirigenziali previsti dalla disposizione censurata, è anche vero che venendo meno quella validità, si mette in discussione la legittimità stessa degli atti sottoscritti ovvero la cui sottoscrizione è stata delegata da impiegati incaricati illegittimamente di funzioni dirigenziali.
Orbene, va ricordato che l’avviso di accertamento è nullo (o secondo alcune sentenze addirittura inesistente) se non reca la sottoscrizione del capo dell’ufficio o di altro impiegato della carriera direttiva dal medesimo delegato (art. 42 del Dpr 600/1973). Se la sottoscrizione non è quella del capo dell’ufficio titolare, incombe all’amministrazione finanziaria dimostrare il corretto esercizio del potere sostitutivo da parte del sottoscrittore e la presenza della delega in caso di contestazione. (In tal senso Cass. 14942/2013).
Sul versante dei contribuenti, l’idea, da alcuni lanciata, di un generalizzato movimento contestativo del pregresso non pare destinato a fruttuosi esiti.
A questo punto, va invece prestata attenzione agli avvisi di accertamento o ad altri atti autonomamente impugnabili per i quali siano ancora aperti i termini per la proposizione di ricorsi o di motivi aggiunti, nei limiti di cui agli articoli 21 e 24, D.Lgs. n. 546/1992. In questi casi, se detti atti risultassero firmati da uno dei “dirigenti” dell’Agenzia delle Entrate sub iudice, i contribuenti farebbero bene a dedurne l’illegittimità o, se si vuole, la nullità per difetto di sottoscrizione, o, più in generale, per difetto di provenienza da soggetto abilitato, assumendo a parametro di riferimento la norma di cui all’art. 42 del Dpr 600/1973.
Ciò posto una volta sollevata l’eccezione, sarà l’amministrazione a dover dare la prova contraria, ossia l’esistenza della delega con le caratteristiche richieste dalla legge. Diversamente, per il principio di non contestazione, l’eccezione si considererà ammessa da controparte, ed il ricorso dovrà essere accolto.
2) Sentenza del Consiglio di Stato
Si è in attesa della sentenza del Consiglio di Stato sul “vecchio” concorso da 403 posti da dirigente all’agenzia delle Entrate, dopo l’udienza per decidere nel merito il ricorso su cui era già stata accolta l’istanza cautelare (ordinanza 1979/2015 depositata il 6 maggio scorso) che ha ribaltato la precedente decisione del Tar Lazio. All’origine un dirigente di un’altra amministrazione pubblica faceva rilevare il mancato avvio delle procedure di mobilità (ex art. 30 del DLgs 165/2001).
Nello specifico nell’accogliere la sospensiva sulla precedente sentenza del Tar sfavorevole al ricorrente, il Consiglio di Stato ha così chiarito:
- l’art. 8, comma 24 del Dl 16/2012 deve essere letto in coerenza con le fonti che esso richiama e soprattutto, con i principi di sistema sulla priorità della mobilità (anche volontaria, anche intercompartimentale) rispetto ai procedimenti concorsuali;
- la <<pur indubbia specialità di questi ultimi, evincibile dalla norma stessa, al più riguarda la straordinarietà e l'urgenza del tipo di reclutamento previsto e non anche la deroga ad ogni altra regola di sistema, perché la finalità di una più penetrante lotta all’evasione fiscale di per sé sola giustifica sì l’immediatezza del reclutamento, ma non esclude ogni altro tipo di provvista di personale comunque idoneo al riguardo>>.
B) Problematiche fiscali e contenzioso tributario
Alla luce di quanto sopra, sono decaduti dagli incarichi dirigenziali tutti coloro che erano stati nominati in base alle succitate norme dichiarate incostituzionali e, di conseguenza, secondo me, sono illegittimi tutti gli avvisi di accertamento che hanno firmato nel corso dei vari anni, come si dirà in seguito.
La Legge n. 241 del 07 agosto 1990 determina i casi di efficacia ed invalidità dei provvedimenti amministrativi:
1)Nullità assoluta del provvedimento (art. 21 septies ) “E’ nullo il provvedimento amministrativo che manca degli elementi essenziali, che è viziato da difetto assoluto di attribuzione, che è stato adottato in violazione o elusione del giudicato, nonché negli altri casi espressamente previsti dalla legge”.
In particolare, si tratta di una nullità assoluta (c.d. inesistenza giuridica), che può essere eccepita in ogni stato e grado del giudizio, anche d’ufficio, come più volte stabilito dalla giurisprudenza (Cass., sent. n. 12104 del 2003, che se pur riguardi altra materia, va tenuta in conto per il concetto ben esposto (pagg. 13 e 14), relativo alla rilevabilità d’ufficio, in ogni stato e grado del giudizio, della c.d. inesistenza giuridica o nullità radicale di un provvedimento, come appunto nella fattispecie dei dirigenti illegittimi).
A questo punto, gli avvisi di accertamento firmati (anche su delega) da un dirigente che tale non è, per tutto quanto sopra esposto, rientrerebbero, in una delle suddette ipotesi di nullità assoluta:
• perchè l’atto è viziato da un difetto assoluto di attribuzione, in quanto sottoscritto da un non-dirigente;
• perché gli avvisi non legittimamente sottoscritti rientrano in una ipotesi di nullità espressamente prevista dalla legge (artt. 42, commi 1 e 3, D.P.R. n. 600 del 29/09/1973, e successive modifiche ed integrazioni, e 56, comma 1, D.P.R. n. 633 del 26/10/1972, e successive modifiche ed integrazioni).
Sul punto, giova ricordare che, prima del mutamento del quadro normativo, la Corte di Cassazione aveva affermato che la dichiarazione iva non sottoscritta, non essendo riferibile ad alcun dichiarante, priva com’è di un elemento essenziale per la produzione degli effetti che la legge le ricollega, doveva essere considerata inesistente sul piano giuridico e non sanabile (Cassazione, sentenze n. 2662 del 1992 e n. 7957 del 1995).
2) Annullabilità del provvedimento (art. 21 octies, comma 1) “E’ annullabile il provvedimento amministrativo adottato in violazione di legge o viziato da eccesso di potere o da incompetenza”.
In particolare, si tratta di una nullità relativa, che deve essere espressamente eccepita dalla parte.
Anche in questo caso, gli avvisi di accertamento illegittimamente firmati devono essere annullati:
• perché adottati in violazione di legge (artt. 42 e 56 citati);
• perché viziati da incompetenza, che si verifica quando l’atto amministrativo eccede dalla sfera di attribuzioni riservata all’organo preposto ed è, quindi, un vizio attinente al soggetto, soprattutto per quanto riguarda il grado (c.d. incompetenza per grado).
3) Effetti sul contenzioso per avvisi di accertamento e ruoli
La sentenza 37/2015 della Consulta apre, pertanto, il fronte sui possibili effetti e sulla legittimità degli atti emessi in passato da funzionari nominati dirigenti senza concorso.
Orbene, l’art. 42, comma 1, D.P.R. n. 600 cit. così prevede: “Gli accertamenti in rettifica e gli accertamenti d’ufficio sono portati a conoscenza dei contribuenti mediante la notificazione di avvisi sottoscritti dal capo dell’ufficio o da altro impiegato della carriera direttiva da lui delegato”. La stessa disposizione si applica anche ai fini IVA (art. 56, comma 1, D.P.R. n. 633 cit., per l’espresso richiamo alle disposizioni in materia di imposte sui redditi), come più volte riconosciuto dalla Corte di Cassazione (sentenza n. 10513 del 23 aprile 2008 della Sezione Quinta Civile – Tributaria). Altresì, l’art. 42, comma 3, D.P.R. n. 600 cit. così prevede: “L’accertamento è nullo se l’avviso non reca la sottoscrizione, le indicazioni, la motivazione di cui al presente articolo e ad esso non è allegata la documentazione di cui all’ultimo periodo del secondo comma” (come modificato dall’art. 1, comma 1, lettera c), numero 2, D.Lgs. n. 32 del 26 gennaio 2001).
Detto questo ne deriva che, un avviso di accertamento (IVA e II.DD.) non sottoscritto dal capo dell’ufficio, che deve necessariamente essere un dirigente (come da Regolamento di amministrazione, di cui alla lett. B), n. 5, del presente articolo), è nullo se firmato da un non-dirigente a seguito della sentenza della Corte Costituzionale, perché nominato in base a leggi dichiarate incostituzionali.
Lo stesso discorso vale nel caso di delega, in quanto se la delega è stata rilasciata da un non-dirigente si rientra sempre in una ipotesi di nullità.
In definitiva, se chi ha sottoscritto l’atto non è dirigente perché la sua nomina era illegittima anche l’atto lo sarà e questo vizio di nullità, tassativamente previsto dalla legge, ha effetti meccanici sulla validità degli atti. Ed infatti:
- il delegante deve dimostrare di essere un dirigente legittimo, come chiarito dalla Corte Costituzionale; se non dimostra di essere un dirigente legittimo, la relativa delega è a sua volta illegittima e, come tale, non può produrre effetti giuridici;
- il delegato, invece, deve dimostrare di avere la qualifica di nono livello della carriera direttiva, come previsto dall’art. 42 D.p.r. n. 600/73.
Va evidenziato che, in merito al succitato art. 42, commi 1 e 3, la Corte di Cassazione ha correttamente stabilito i seguenti principi:
a) “La dizione letterale, inequivocabile, della norma rende manifestamente inaccettabile la tesi, logicamente principale, della P.A. ricorrente secondo la quale “ai fini della validità dell’accertamento tributario è necessario che sia certa la provenienza dell’atto amministrativo all’ufficio competente essendo indifferente che esso sia sottoscritto dal Capo dell’ufficio o da un soggetto (qualsiasi, comunque) da lui delegato.
Al contrario, sulla base, appunto, della lettera della citata disposizione legislativa, e ribadendo un’enunciazione di principio già ricavabile da Cass., Sez. I civile, sent. n. 6836 del 22/07/1994, deve ritenersi, e statuirsi, che gli accertamenti in discorso sono nulli tutte le volte che gli avvisi nei quali si concretizzano non risultino sottoscritti dal capo dell’ufficio emittente o da un impiegato della carriera direttiva (addetto a detto ufficio) validamente delegato dal reggente di questo.
Inoltre, la validità della delega a tale sottoposto conferita può essere contestata e verificata in sede giurisdizionale, implicando l’indagine e l’accertamento sul tema un controllo non sull’organizzazione interna della P.A. ma sulla legittimità dell’esercizio della funzione amministrativa e degli atti integranti la relativa estrinsecazione” (in tal senso, Cass., Sez. Tributaria, sentenza n. 14195 del 27 ottobre 2000, più volte citata e ripresa in altre sentenze della stessa Corte di Cassazione).
b) “Si osserva che, ai sensi dell’art. 42 cit., commi 1 e 3, l’accertamento è nullo se non reca la sottoscrizione del capo dell’ufficio o di altro impiegato della carriera direttiva da lui delegato. Su tale premessa, se la sottoscrizione non è quella del capo dell’ufficio titolare, per il personale appartenente alla nona qualifica funzionale, fermi i casi di sostituzione e reggenza di cui all’art. 20, comma 1, lett. a) e b) della legge n. 266/1987, richiamato dall’Amministrazione resistente, è espressamente richiesta la delega a sottoscrivere: il solo possesso della qualifica non abilita il direttore tributario alla sottoscrizione, dovendo il potere di organizzazione essere in concreto riferibile al capo dell’ufficio (come la stessa resistente riconosce attraverso l’esplicito richiamo agli ordini di servizio), onde, in caso di contestazione, contrariamente a quanto affermato dal giudice a quo, incombe all’Amministrazione dimostrare l’esercizio del potere sostitutivo o la presenza della delega” (in tal senso, Cass. Sez. Tributaria, sentenza n. 14626 del 10 novembre 2000).
3) Ruoli
Ciò posto, le stesse contestazioni da fare per gli avvisi di accertamento si possono fare nei confronti dei ruoli che hanno determinato la formazione e notificazione delle cartelle esattoriali.
Ed infatti, l’art. 24, comma 1, D.P.R. n. 602 del 29/09/1973, dopo le modifiche intervenute con il D.Lgs. n. 46 del 26 febbraio 1999, testualmente dispone:
“L’ufficio consegna il ruolo al concessionario dell’ambito territoriale cui esso si riferisce secondo le modalità indicate con decreto del Ministero delle finanze, di concerto con il Ministero del Tesoro, del bilancio e della programmazione economica”.
Il Decreto Ministeriale n. 321 del 03 settembre 1999 (in G.U. n. 218 del 16 settembre 1999) stabilisce che:
• i ruoli sono formati direttamente dall’ente creditore (art. 1, comma 1);
• i ruoli formati direttamente dall’ente creditore sono redatti, firmati e consegnati, mediante trasmissione telematica al CNC, ai competenti concessionari del servizio nazionale della riscossione, denominati concessionari, in conformità alle specifiche tecniche approvate con il Decreto dirigenziale dell’11 novembre 1999 (art. 2, comma 1).
Di conseguenza, i ruoli devono essere firmati dal dirigente dell’ufficio (si rinvia sempre al Regolamento di amministrazione, di cui al punto 3) e, pertanto, in sede processuale, si possono proporre le stesse eccezioni di illegittimità da sollevare avverso gli avvisi di accertamento.
Infatti, il ruolo può essere impugnato dinanzi le Commissioni Tributarie unitamente alla cartella di pagamento, entro 60 giorni dalla notifica della stessa ai sensi e per gli effetti dell’art. 19, comma 1, lett. d), D.Lgs. n. 546 del 31 dicembre 1992 (in tal senso, Cassazione, Sez. Tributaria, sentenze n. 6612 del 26/06/1999 e n. 17351 del 17/11/2003).
4) La Tesi dell’Agenzia
Gli Uffici in questione sostengono che la decadenza dei dirigenti delle Entrate non comporta automaticamente la nullità degli atti da loro emessi e sottoscritti. Ai fini della validità degli atti, essendo irrilevante verso i terzi il rapporto fra la pubblica amministrazione e la persona fisica dell’organo che agisce, si applica la teoria del funzionario di fatto nonché i principi della conservazione degli atti e della continuità dell’azione amministrativa. Vieppiù, è inammissibile l’eccezione di nullità dell’atto sottoscritto dal dirigente decaduto in quanto non rilevabile d’ufficio quando sia proposta tardivamente dal contribuente oltre il ricorso introduttivo del giudizio o, tutt’al più, oltre il termine per proporre motivi aggiunti.
5) Giurisprudenza di merito
A meno di due mesi dalla pubblicazione in G. U. della pronuncia della Consulta, le prime sentenze emesse dai Collegi di merito, sebbene altalenanti, sembrano delineare un orientamento più favorevole al contribuente. Dopo la prima decisione di Milano, anche le commissioni provinciali di Lecce, Campobasso, Brescia, Reggio Emilia, Frosinone.
a)Favorevoli
Commissione Tributaria regionale di Milano, sezione XIII, sentenza 19 maggio 2015 n. 2184: <<Il difetto di sottoscrizione dell’avviso di accertamento recante la firma di un funzionario decaduto dalla carica dirigenziale, si riverbera sulla successiva cartella di pagamento e può essere eccepito in sede d’impugnazione dell’atto di riscossione.
Sempre secondo la Ctr Lombardia la nullità può essere rilevata d’ufficio dal giudice in quanto si verificherebbe un’ipotesi di nullità assoluta del provvedimento (articolo 21 septies della legge241/90) essendo tale atto viziato da difetto assoluto di attribuzione rilevabile in ogni stato e grado del giudizio, anche d’ufficio (Cassazione 12104/2003). In particolare è stato accolto l’appello del contribuente e annullata una cartella di pagamento , successiva a un avviso di accertamento firmato da un <<non>> dirigente. L’eccezione specifica non era stata sollevata nel ricorso di primo grado, ma introdotta a seguito della pronuncia della Corte Costituzionale. E la resistente Agenzia delle Entrate si era opposta, invocando l’inammissibilità della domanda nuova.
Secondo la Ctr di Milano la nullità degli atti amministrativi firmati da dirigenti illegittimi, deve essere rilevata anche alla luce della giurisprudenza di legittimità succedutasi negli anni (n. 17400/12, n. 14626/00, n. 14195/00, n. 14943/12 ed ancora n. 10267/2005, n. 12262/2007). In particolare la Ctr ritiene non applicabile l’articolo 21 octies, comma 2 della legge 241/90 sulla non annullabilità dei provvedimenti adottati in violazione di norme sul procedimento o sulla forma qualora, per la natura vincolata del provvedimento, sia palese che il suo contenuto dispositivo non avrebbe potuto essere diverso da quello in concreto adottato, perché gli avvisi di accertamento e le cartelle esattoriali non hanno natura vincolante ma discrezionale. Vieppiù, l’istituto del funzionario di fatto può invocarsi solamente quando gli atti adottati abbiano contenuto favorevole al contribuente, e non nel caso degli accertamenti, che sono atti lesivi della sfera giuridica>>; Commissione Tributaria Provinciale di Lecce, sezione II, sentenze 21 maggio 2015 nn. 1789 e 1790: <<I giudici tributari provinciali di Lecce, tra i primi in Italia dopo Milano (3222/25/2015 del 31/3/15), annullano due accertamenti per presunta evasione fiscale perché sottoscritti da dirigenti dell’Agenzia delle Entrate dichiarati decaduti dopo che la Corte Costituzionale con sentenza n. 37 del 25/02/2015 aveva bocciato i dirigenti delle Entrate nominati senza concorso. Orbene, afferma la Sezione II, Commissione Tributaria Provinciale di Lecce, con le due sentenze 1789 e 1790 del 21 maggio 2015 che “in ogni caso, quando il contribuente eccepisce la violazione del più volte citato art. 42, l'onere della prova spetta sempre all'Agenzia delle Entrate, che deve contrastare le eccezioni di parte con prove documentali valide ed appropriate (Cassazione, sent. n.17400/12, n.14626/00, n.14195/00, n.14942 del 21/12/2012 depositata in cancelleria il 14 giugno 2013)>>; Commissione tributaria provinciale di Milano, sezione XXV, sentenza 10 aprile 2015 n. 3222 (Pres. Verniero; Rel. Ingino); Commissione Tributaria Provinciale di Brescia sezione I, sentenza 14 aprile 2015 n. 277; Commissione Tributaria Provinciale Frosinone sezione II, sentenza 15 maggio 2015 n. 414 (presidente Ferrara, relatore Valchera); CTP Lecce, Sez. V, 4 giugno 2015 n. 1909; CTP Lecce, Sez. II, 5 giugno 2015 nn. 2043, 2044; Commissione Tributaria Provinciale di Molise Campobasso, sezione III, sentenza, 21 maggio 2015 n. 784 (presidente e relatore Di Nardo).
b) Sfavorevoli
Commissione tributaria provinciale di Gorizia, sezione I, sentenza 1 aprile 2015 n. 63; Commissione tributaria provinciale Macerata, sezione II, sentenza 20 aprile 2015 n. 150; Commissione tributaria Provinciale di Pesaro, sezione I, sentenza 28 aprile 2015 n. 309; Commissione tributaria Provinciale Bergamo sentenza 393/08/2015 (presidente e relatore Fischetti).
C) Corte di Cassazione sentenze n. 22810, n. 22800 e n. 22803 del 9 novembre 2015.
Con le sentenze n. 22810, n. 22800 e n. 22803 del 9 novembre 2015 la Corte di Cassazione dichiara validi gli atti emessi dai dirigenti dell'Agenzia delle Entrate decaduti a seguito della sentenza della Corte Costituzionale n. 37 del 2015, purchè trattasi di capi dell’ufficio fiscale che non devono necessariamente essere dirigenti.
Ecco che, per gli Ermellini la delega di firma al funzionario incaricato, che quindi non ha sostenuto un concorso da dirigente, non è di per sé motivo di nullità dell’atto. Ne deriva, infatti, dalle tre sentenze, sebbene trattino diversi aspetti, una unica conclusione e cioè che gli atti non sono automaticamente nulli.
Va anche evidenziato che gli atti sono validi però nell’ambito di criteri ben precisi.
1) Sentenza n. 22810/2015
Orbene, dalla sentenza n. 22810/2015 emerge tale punto fondamentale: <<in ordine agli avvisi di accertamento in rettifica e agli accertamenti d'ufficio, il d.P.R. n. 600 del 1973, art. 42, impone sotto pena di nullità che l'atto sia sottoscritto dal "capo dell'ufficio" o "da altro impiegato della carriera direttiva da lui delegato", senza richiedere che il capo dell'ufficio o il funzionario delegato abbia a rivestire anche una qualifica dirigenziale; ciò ancorché una simile qualifica sia eventualmente richiesta da altre disposizioni. In esito alla evoluzione legislativa e ordinamentale, sono impiegati della carriera direttiva, ai sensi della norma appena evocata, i "funzionari di area terza" di cui al contratto del comparto agenzie fiscali fissato per il quadriennio 2002-2005. In questo senso la norma sopra citata, individua l'agente capace di manifestare la volontà della amministrazione finanziaria negli atti a rilevanza esterna, identificando quale debba essere la professionalità per legge idonea a emettere quegli atti. Da ciò deriva che la sorte degli atti impositivi formati anteriormente alla sentenza n. 37 del 2015 della Corte costituzionale, sottoscritti da soggetti al momento rivestenti funzioni di capo dell'ufficio, ovvero da funzionari della carriera direttiva appositamente delegati, e dunque da soggetti idonei ai sensi dell'art. 42 del d.P.R. n. 600 del 1973, non è condizionata dalla validità o meno della qualifica dirigenziale attribuita per effetto della censurata disposizione di cui art. 8, 24° comma, del dl. n. 16 del 2012>>.
E’ questa la sentenza più incisiva ovvero quella che sferra un duro colpo per i contribuenti alla possibilità di eccepire in sede di ricorso contro gli atti impositivi il vizio di sottoscrizione degli stessi da dirigenti decaduti.
Per la Corte, infatti, le questioni concernenti le carriere dell’Agenzia costituiscono una mera questione relativa al rapporto di lavoro o di servizio, e pertanto vicenda interna al funzionamento dell’Agenzia. Ed è l’art. 42 del Dpr 600 del 1973, a prestare il fianco a questa decisione laddove dichiara la validità dell’accertamento alla sola condizione che venga sottoscritto dal capo dell’ufficio o da altro impiegato della carriera direttiva da lui delegato. Carriera direttiva che non significa titolarità di una posizione dirigenziale. Ecco che, non ha alcuna importanza se il direttore dell’ufficio avesse conseguito o meno la qualifica dirigenziale in modo conforme alla legge bocciata dalla Corte Costituzionale.
2) Sentenza n. 22800/2015
Con la sentenza n. 22800/2015 la Corte non sorvola sulla correttezza della delega laddove: <<l’avviso di accertamento è nullo senza la firma del capo ufficio o di un altro impiegato alla carriera direttiva da lui delegato. Oggi vanno considerati impiegati alla carriera direttiva, i funzionari della terza area. E ai meri fini della validità dell’atto non occorre che i funzionari deleganti e delegati possiedano la qualifica di dirigente, anche qualora sia richiesta da altre disposizioni. Qualora poi sia il contribuente a contestare la legittimazione della firma, è onere del fisco provare il possesso dei requisiti previsti dalla legge>>.
3) Sentenza n. 22803/2015
Infine, una luce per i contribuenti si intravede con la sentenza n. 22803/2015 laddove viene stabilito che la delega in bianco, priva del nome del soggetto delegato va considerata nulla, in quanto il contribuente non può agevolmente verificare se il delegatario ha il potere di sottoscrivere l’atto. In sostanza la delega può essere conferita con atto proprio o con ordine di servizio purchè venga indicato, unitamente alle ragioni della delega (ossia le cause che ne hanno resa necessaria l’adozione, quali carenza di personale, assenza, vacanza, malattia, etc.) il termine di validità ed il nominativo del soggetto delegato. E non è sufficiente sia in caso di delega di firma sia in caso di delega di funzione l’indicazione della sola qualifica professionale del destinatario della delega, senza alcun riferimento nominativo alle generalità di chi effettivamente rivesta la qualifica richiesta. Sono perciò illegittime le deleghe impersonali, anche ratione officii prive di indicazione nominativa del soggetto delegato. E tale illegittimità si riflette sulla nullità dell’atto impositivo. Anche se il contribuente formula l’eccezione di validità della sottoscrizione in modo generico, è onere dell’amministrazione provare la correttezza della delega.
D) Inquadramento del “Capo Ufficio” secondo la Cass. n. 22810, n. 22800 e n. 22803/2015
Cass. n. 22810
<<Difatti il D.P.R. n. 600 del 1973, art. 42, comma 1, si limita - come s'è visto - a prevedere che gli avvisi, con cui sono portati a conoscenza dei contribuenti gli accertamenti in rettifica e gli accertamenti d'ufficio, sono sottoscritti dal "capo dell'ufficio" o "da altro impiegato della carriera direttiva da lui delegato", senza richiedere che il capo dell'ufficio abbia a rivestire anche una qualifica dirigenziale.
Tale conclusione, per quanto esplicitamente sostenuta in un solo precedente (v. Sez. 5^ n. 18515-10), può considerarsi del tutto pacifica nella giurisprudenza della corte di riflesso a quanto affermato a proposito della validità della delega a funzionario, quale il direttore tributario di nona qualifica funzionale poi divenuta l'area C di cui al D.P.R. n. 266 del 1987, art. 20, comma 1, lett. d), sottoscrivente l'atto senza essere titolare dell'ufficio (v. Sez. 6^ - 5 n. 17400-12, cui adde Sez. 5^ n. 14626-00 nonchè, di recente, anche per il connesso profilo dell'onere della prova, incombente all'amministrazione, in ordine al corretto esercizio del potere sostitutivo da parte del sottoscrittore o alla presenza della delega del titolare dell'ufficio, Sez. 5^ n. 14942-13, n. 17044-13, n. 18758-14). Alla suddetta pacifica affermazione di principio va associato un argomento logico-letterale la cui rilevanza appare innegabile per la soluzione del problema in esame: se, in base alla norma di cui all'art. 42, comma 1, l'atto impositivo può essere sottoscritto anche da un "altro" impiegato della carriera direttiva delegato dal capo dell'ufficio, e se tale "altro" impiegato può essere un funzionario di area direttiva non dirigenziale (appunto l'impiegato ex nono livello), per proprietà transitiva è logico desumere che la medesima qualifica di semplice impiegato della carriera direttiva vale a identificare, in base alla stessa norma di legge, la posizione del capo dell'ufficio delegante; posizione in tal misura necessaria ma anche sufficiente ai fini specifici della validità degli atti. La conclusione è in simile prospettiva direttamente evincibile dal testo del D.P.R. n. 600 del 1973, art. 42, comma 1, in cui l'utilizzo dell'espressione "altro" non può essere privata di significato al fine di individuare il precetto sottostante. Essa vale a stabilire che la legge consente che anche il capo dell'ufficio sia, al pari del delegato, e al fine di legittimamente sottoscrivere gli avvisi di accertamento, un semplice impiegato della carriera direttiva. Nè la norma si presta a un'interpretazione diversa da quella letterale. Merita di essere sottolineato che l'espressione "impiegato della carriera direttiva" è stata coniata in un contesto ordinamentale complessivo che già conosceva le qualifiche funzionali della dirigenza pubblica; al punto da doversi considerare utilizzata dal legislatore a proposito, in senso non evocativo - cioè - di un requisito specifico qual è quello inerente al non richiamato possesso della "qualifica dirigenziale". Giova qui rammentare che nelle amministrazioni statali la figura del dirigente - antesignana di quella attualmente prevista dal D.Lgs. n. 165 del 2001 - è stata introdotta per la prima volta col D.P.R. n. 748 del 1972, cui si deve la creazione della nuova carriera dirigenziale scissa da quella semplicemente direttiva prevista dall'anteriore D.P.R. n. 3 del 1957. La già avvenuta introduzione nel comparto dei ministeri della nuova figura dotata di attribuzioni proprie, direttamente conferite dalla legge, oltre tutto articolata in tre qualifiche di ordine ascendente (primo dirigente, dirigente superiore e dirigente generale), induce a sottolineare che se a tale figura il legislatore tributario del 1973 avesse inteso riferirsi nella determinazione del soggetto avente titolo rappresentativo dell'amministrazione quanto agli avvisi di accertamento, e addirittura a pena di nullità degli avvisi diversamente sottoscritti, lo avrebbe fatto redigendo il precetto in termini specifici e coerenti con una tale volontà. Tutto ciò conferma che, sotto la sanzione di nullità degli atti, compete al titolare dell'ufficio, quale organo deputato a svolgerne le mansioni fondamentali, ovvero "a un altro impiegato della carriera direttiva da lui delegato", la funzione di sottoscrivere gli avvisi con i quali sono portati a conoscenza dei contribuenti gli accertamenti, indipendentemente dal ruolo dirigenziale eventualmente ricoperto>>.
Cass. n. 22800
<<Ma invece il Collegio ritiene, in continuità con la costante giurisprudenza di questa Corte, che l'espressione "impiegato della carriera direttiva" contenuta nel ben noto art. 42 dpr 600/1973, non equivale a "dirigente" ma richieda un quid minus. E perciò la tematica dei "dirigenti illegittimamente nominati", non entra nell'oggetto del giudizio. In quanto a seguito delle evoluzioni normative e contrattuali succedutesi dal 1973 in poi, l'"impiegato della carriera direttiva" oggi corrisponde al "funzionario della terza area" (Cass. 21 gennaio 2015, n. 959).
Alla luce della ricostruzione che precede, per le agenzie fiscali la vecchia carriera direttiva deve oggi essere individuata nella terza area, che ha assorbito la "vecchia" nona qualifica funzionale; ritenuta idonea a determinare la validità dell'atto in numerose sentenze di questa Corte, che hanno respinto la tesi dei contribuenti secondo cui il delegato dovrebbe essere un dirigente vero e proprio (cfr. Cass. 5 settembre 2014, n. 1875 8)>>.
E) Critica in merito alla definizione di “Capo Ufficio”
Innanzitutto il Capo Ufficio deve necessariamente essere un dirigente per cui non si condivide affatto la tesi della Cassazione secondo cui il Capo Ufficio può anche non esserlo, laddove come detto al punto sopra D) tale tesi si basa sul fatto che la figura del dirigente era stata prevista dal D.P.R. n. 748 del 30 giugno 1972.
Ebbene, questo decreto si riferisce però alle vecchie strutture fiscali degli uffici che in quel periodo avevano tutte la circoscrizione locale o provinciale ed erano distinti nel seguente modo:
- Ufficio Distrettuale delle II.DD. con circoscrizione locale (per es. nella provincia di Lecce c’erano 4 uffici a Lecce, Maglie, Casarano e Gallipoli);
- Ufficio Provinciale Iva che aveva una unica competenza territoriale provinciale;
- Ufficio del Registro che, come l’Ufficio Distrettuale Imposte Dirette di Lecce aveva una competenza territoriale locale (per es. nella provincia di Lecce c’erano 4 uffici a Lecce, Maglie, Casarano e Gallipoli).
Ciò detto, quando è stato scritto l’art. 42 DPR 600/73, ovvero in un anno successivo al D.P.R. 748/72 (come scritto dalle stesse sentenze della Cassazione in commento) è ovvio che il Legislatore ha utilizzato il termine generico “Capo Ufficio” giacchè gli uffici potevano avere una competenza territoriale locale e non provinciale. E quindi, se il 1° Dirigente doveva essere titolare di un Ufficio Provinciale (come nelle ipotesi dell’Ufficio Provinciale IVA) e non come per gli altri uffici, che non avevano necessariamente una competenza territoriale provinciale, il titolare poteva non essere un dirigente.
Di poi, la struttura generale degli uffici fiscali è stata territorialmente riformata.
Orbene lo Statuto dell’Agenzia delle entrate è stato approvato con delibera del Comitato Direttivo n. 6 del 13 dicembre 2000 ed è stato aggiornato fino alla delibera del Comitato di gestione n. 11 del 21 marzo 2011.
In particolare, secondo lo Statuto:
• i dirigenti dell’Agenzia dirigono, controllano e coordinano l’attività degli uffici che da essi dipendono e dei responsabili dei procedimenti amministrativi, anche con poteri sostitutivi in caso di inerzia (art. 11);
• l’Agenzia è articolata in uffici centrali e periferici. Tale articolazione, come da regolamento, corrisponde a quella in essere per le strutture del dipartimento delle Entrate, le cui funzioni, ai sensi dell’art. 57, comma 1, del decreto istitutivo, sono trasferite all’Agenzia (art. 13, comma 1).
A seguito di questa riorganizzazione è intervenuto il Regolamento n. 4 del 30 novembre 2000 laddove all’art. 5 vengono chiarite le competenze degli uffici periferici. Al 1°comma: <<le funzioni operative dell’Agenzia sono svolte, salvo quelle demandate per specifiche esigenze agi uffici centrali e regionali dai seguenti tipi di uffici periferici: a) direzioni provinciali>>, ed al 5° comma viene testualmente scritto che le Direzioni “Provinciali sono Uffici di livello dirigenziale.
Ed ancora, in seguito è intervenuto il D. Legisl. n. 165 del 30 marzo 2001 laddove all’art. 17 vengono chiarite in modo tassativo le funzioni dei dirigenti.
Di conseguenza, la lettura dell’art. 42, 1° comma deve essere interpretata contestualizzando la situazione organizzata degli Uffici Fiscali che come detto in precedenza nel corso degli anni è totalmente cambiata.
Alla luce di quanto detto, il Capo Ufficio dell’Agenzia delle Entrate deve necessariamente essere un dirigente per cui venendo meno questa qualifica l’atto che sottoscrive è illegittimo né può essere utilizzata la teoria del cd. Funzionario di fatto (sentenza n. 6 del 22 maggio 1993; Cons. Giust. Reg. Sic. n. 170 del 24/03/1960; C. di S., Sez. V, n. 1160 del 15/12/1962; Sez. IV, n. 145 del 13/04/1949).
F) Le condizioni ed i limiti della delega
Si concorda pienamente con la tesi della Corte di Cassazione 22803/2015 per quanto riguarda i limiti e le condizioni della delega che devono essere i seguenti:
• ragioni della delega (ossia le cause che ne hanno resa necessaria l'adozione, quali carenza di personale, assenza, vacanza, malattia, etc);
• il termine di validità;
• il nominativo del soggetto delegato.
Non è sufficiente, in entrambe le tipologie di deleghe (di firma o di funzione) l'indicazione della sola qualifica professionale del dirigente destinatario della delega, senza alcun riferimento nominativo alla generalità di chi effettivamente rivesta tale qualifica.
Devono, quindi, ritenersi illegittime le deleghe "impersonali", anche "ratione officii", senza indicare nominalmente il soggetto delegato e tale illegittimità si riflette sulla nullità dell'atto impositivo.
G) Qualifica del “delegato” della carriera direttiva
<<Alla luce della ricostruzione che precede, per le agenzie fiscali la vecchia carriera direttiva deve oggi essere individuata nella terza area, che ha assorbito la "vecchia" nona qualifica funzionale; ritenuta idonea a determinare la validità dell'atto in numerose sentenze di questa Corte, che hanno respinto la tesi dei contribuenti secondo cui il delegato dovrebbe essere un dirigente vero e proprio (cfr. Cass. 5 settembre 2014, n. 1875 8)… In base al D.P.R. n. 600 del 1973, art. 42, l'avviso di accertamento è nullo se non reca la sottoscrizione del capo dell'ufficio o di altro impiegato della carriera direttiva da lui delegato.
A seguito della evoluzione legislativa ed ordinamentale sono oggi "impiegati della carriera direttiva" ai sensi del D.P.R. n. 600 del 1973, art. 42, i "funzionari della terza area" di cui al contratto del comparto agenzie fiscali per il quadriennio 2002-2005 (art. 17).
E - in base al principio della tassatività delle cause di nullità degli atti tributali - non occorre, ai meri fini della validità dell'atto, che i funzionari deleganti e delegati possiedano la qualifica di dirigente, ancorchè essa sia eventualmente richiesta da altre disposizioni>>. Cass.22800/2015
Anche in questo caso si concorda pienamente con l’interpretazione della Corte di Cassazione che ha chiarito che il delegato deve appartenere alla carriera direttiva, così come tassativamente previsto dall’art. 42 c°1 Dpr 600. E pertanto, deve appartenere ai "funzionari della terza area" di cui al contratto del comparto agenzie fiscali per il quadriennio 2002-2005.
Va anche precisato, che in caso di contestazione è sempre onere dell’Amministrazione finanziaria dimostrare il contrario così come stabilito dalla citata sentenza 22800 /2015: <<Ciò premesso occorre ribadire che, ove il contribuente contesti nel suo ricorso introduttivo (così come evidenziato nella sentenza impugnata) il possesso da parte del delegato (o del delegante) dei requisiti indicati dall'art. 42, spetta alla Amministrazione fornire la prova della non sussistenza del vizio dell'atto. Ciò sia in base al principio di leale collaborazione che grava sulle parti processuali (e segnalatamente sulla parte pubblica), sia in base al principio della "vicinanza della prova" in quanto si discute di circostanze che coinvolgono direttamente la Amministrazione, che detiene la relativa documentazione, di difficile accesso per il contribuente (Cass. 5 settembre 2014, n. 18758; Cass. 10 luglio 2013, n. 17044; Cass. giugno 2013, n. 14942). E dunque non è consentito al giudice tributario attivare d'ufficio poteri istruttori>>.
H) Eccezioni di nullità degli atti
Alla luce di tutto quanto sopra esposto e documentato il contribuente, secondo me, sin dal ricorso introduttivo può continuare ad eccepire :
- Nullità dell’atto perché firmato da un Capo Ufficio non dirigente ai sensi dell’art. 21 septies L. 241/90;
- Nullità della delega perché non motivata né temporanea né personalizzata;
- Nullità della delega perché conferita ad un impiegato non appartenente alla carriera direttiva (cioè 3° Area ex 9° Livello).
E’ consigliabile sempre sollevare le eccezioni di nullità dell’atto ex art. 42 ultimo comma sin dal ricorso introduttivo, perché in tal modo oltre che rispettare le condizioni stabilite da altre sentenze della Cassazione (per tutte Sez. V n. 25756/14) si inverte l’onere della prova perché dovrà poi essere l’Agenzia delle Entrate a dimostrare il contrario.
Questione dei Dirigenti Illegittimi. Commento alle sentenze della Corte di Cassazione n. 22810, n. 22800 e n. 22803 del 9 novembre 2015
Dettagli della notizia
A) Esposizione della vicenda
Con una pronuncia shock, la Corte Costituzionale con la sentenza 17 marzo 2015, n. 37 ha dichiarato l’illegittimità costituzionale dell’art. 8, comma 24, del D.L. 2 marzo 2012, n. 16 (convertito, con modificazioni, dall’art. 1, comma 1, della legge 26 aprile 2012, n. 44). La Consulta ha dunque timbrato come illegittimi un migliaio di manager pubblici, di cui 767 nella sola Agenzia delle Entrate: ragione, lo scatto di carriera ingiustificato, che era avvenuto, per costoro, senza un’adeguata partecipazione a una trasparente procedura di selezione interna come da normativa sui contratti pubblici.
Una sentenza che ha scatenato il panico negli uffici delle Agenzie fiscali, poiché in breve si è diffusa l’equazione che c’era la possibilità di mandare in fumo migliaia di atti e procedure di accertamento o verifica fiscale.
Se i dirigenti occupavano posizioni indebite, si è detto, allora anche gli atti da loro firmati o autorizzati, ivi compresi gli avvisi che hanno poi provocato l’apertura di cartelle da parte di Equitalia, saranno illegittimi.
Una conclusione a cui l’Agenzia delle Entrate ha subito cercato di porre un argine, sottolineando la validità dei documenti emanati dall’ente. In ogni caso, rimane la possibilità per i contribuenti di appellarsi contro gli atti di cui sono destinatari notificati dall’Agenzia delle entrate, dall’Agenzia delle dogane o dall’Agenzia del territorio per inesistenza della carica da cui essi son derivati.
1) Sentenza Corte Costituzionale n. 37 del 17 marzo 2015
“È illegittima la norma del "decreto Semplificazioni fiscali” che ha consentito alle agenzie fiscali (Dogane, Entrate e Territorio, escluso Demanio) di conferire, nelle more dell’espletamento delle procedure concorsuali, incarichi dirigenziali ai propri funzionari con la stipula di contratto di lavoro a tempo determinato, per il tempo necessario a coprire il posto vacante tramite concorso.”.
E’ quanto ha affermato la Corte Costituzionale con la sentenza n. 37 del 17 marzo 2015, la quale censura la disposizione di cui all’art. 8, comma 24, del D.L. n. 16/2012, n. 16 (conv., con modif., dalla legge n. 44/2012) che ha previsto che le posizioni dirigenziali vacanti dell'Agenzia delle entrate, dell’Agenzia delle dogane e dell’Agenzia del territorio, venissero coperte attraverso l’espletamento di procedure concorsuali da completarsi entro il 31 dicembre 2013, salva la facoltà di affidamento a tempo determinato ai propri funzionari delle medesime posizioni, laddove ha ritenuto nella fattispecie esaminata trattasi di un “aggiramento della regola del concorso pubblico per l’accesso alle posizioni dirigenziali”, la quale ha contribuito all’indefinito protrarsi nel tempo di un’assegnazione asseritamente temporanea di mansioni superiori, senza provvedere alla copertura dei posti dirigenziali vacanti da parte dei vincitori di una procedura concorsuale aperta e pubblica.
Unitamente alla proroga di cui all’art. 8 citato, la Consulta ha dichiarato l’illegittimità costituzionale di altre due proroghe al conferimento degli incarichi dirigenziali a funzionari delle tre agenzie ovvero quella di cui all’art. 1, comma 14, del d.l. 150/2013, ed all’art. 1, comma 8, del d.l. 192/2014. In sostanza le proroghe sono state disposte nel tempo, rispettivamente sotto i governi Monti, Letta e Renzi per assicurare, nelle more dell’espletamento delle procedure concorsuali la funzionalità operativa delle strutture.
In particolare, la controversia origina da un ricorso davanti al TAR per il Lazio presentato dall’organizzazione sindacale Dirpubblica: il giudice amministrativo, con la sentenza n. 6884 del 1° agosto 2011, aveva accolto il ricorso e a seguito dell’appello dell’Agenzia delle Entrate, il caso è passato al vaglio del Consiglio di Stato. Nelle more del procedimento di appello è, per l’appunto, stato “sanato” dal Governo “Monti” con il comma 24 dell’art. 8 del “Decreto Semplificazioni Fiscali”.
Il Consiglio di Stato allora ha stoppato la sua decisione e, con una ordinanza separata ha rimesso alla Corte costituzionale la questione.
Orbene, la sentenza 37/2015 in commento ha stabilito che <<il conferimento di incarichi dirigenziali nell’ambito di una amministrazione pubblica debba avvenire previo esperimento di un pubblico concorso, e che il concorso sia necessario anche nei casi di nuovo inquadramento di dipendenti già in servizio>>. Vieppiù, la Corte in linea con precedenti (sentenza 192/2002) ha evidenziato come anche il passaggio a una fascia funzionale superiore comporti <<l’accesso a un nuovo posto di lavoro corrispondente a funzioni più elevate ed è soggetto, pertanto, quale figura di reclutamento, alla regola del pubblico concorso>>.
Giova ricordare a tal proposito, che l’Agenzia delle Entrate, per colmare le carenze nell’organico dei propri dirigenti, ha negli anni fatto ampio uso dell’istituto previsto dall’art. 24 del proprio regolamento di amministrazione che consente la copertura provvisoria delle eventuali vacanze nelle posizioni dirigenziali previa valutazione di idoneità degli aspiranti, pensato però per situazioni peculiari, e non quale metodo ordinario, come in realtà è accaduto con le diverse proroghe succedutesi. Si tratta dei c.d. “dirigenti incaricati”, ai quali viene riconosciuto lo stesso trattamento economico dei dirigenti, “fino all’attuazione delle procedure di accesso alla dirigenza” e, comunque, fino ad un termine finale predeterminato, che, però, dal 2006, è stato più volte differito da delibere del Comitato di gestione dell’Agenzia.
Peraltro, la illegittimità per la Consulta è nel non ricondurre tale procedura né al modello di affidamento di mansioni superiori a impiegati di livello inferiore né all’istituto della reggenza. Il primo caso, infatti, prevede l’affidamento per non più di sei mesi prorogabili fino a 12 quando è avviata la procedura per la copertura del posto vacante, il secondo modello, quello della reggenza, serve a colmare i vuoti nell’ufficio per cause imprevedibili. Straordinarietà e temporaneità sono caratteristiche essenziali dell’istituto. Ed invece, le continue proroghe hanno fatto ritenere i provvedimenti carenti delle caratteristiche proprie della reggenza. Ciò significa, secondo la Consulta, che <<il legislatore apparentemente ha riaffermato, da un lato, la temporaneità della disciplina, fissando nuovi termini per il completamento delle procedure concorsuali, ma dall’altro allontanando sempre di nuovo nel tempo la scadenza di questi, ha operato in stridente contraddizione con l’affermata temporaneità>>.
Ecco che, alla luce della sentenza in commento, se per il futuro si dà per scontata la nullità dei provvedimenti, atti e circolari firmati dai circa 1.200 funzionari nominati dirigenti senza concorso (il 75% del totale), tra Agenzia delle Entrate, del Territorio e delle Dogane, per gli atti passati nascono i dubbi e le perplessità. Ed infatti, se anche la Consulta ricorda che la possibilità di ricorrere all’istituto della delega anche a funzionari, per l’adozione di atti a competenza dirigenziale, consente di garantire la funzionalità delle Agenzie, a prescindere dalla validità degli incarichi dirigenziali previsti dalla disposizione censurata, è anche vero che venendo meno quella validità, si mette in discussione la legittimità stessa degli atti sottoscritti ovvero la cui sottoscrizione è stata delegata da impiegati incaricati illegittimamente di funzioni dirigenziali.
Orbene, va ricordato che l’avviso di accertamento è nullo (o secondo alcune sentenze addirittura inesistente) se non reca la sottoscrizione del capo dell’ufficio o di altro impiegato della carriera direttiva dal medesimo delegato (art. 42 del Dpr 600/1973). Se la sottoscrizione non è quella del capo dell’ufficio titolare, incombe all’amministrazione finanziaria dimostrare il corretto esercizio del potere sostitutivo da parte del sottoscrittore e la presenza della delega in caso di contestazione. (In tal senso Cass. 14942/2013).
Sul versante dei contribuenti, l’idea, da alcuni lanciata, di un generalizzato movimento contestativo del pregresso non pare destinato a fruttuosi esiti.
A questo punto, va invece prestata attenzione agli avvisi di accertamento o ad altri atti autonomamente impugnabili per i quali siano ancora aperti i termini per la proposizione di ricorsi o di motivi aggiunti, nei limiti di cui agli articoli 21 e 24, D.Lgs. n. 546/1992. In questi casi, se detti atti risultassero firmati da uno dei “dirigenti” dell’Agenzia delle Entrate sub iudice, i contribuenti farebbero bene a dedurne l’illegittimità o, se si vuole, la nullità per difetto di sottoscrizione, o, più in generale, per difetto di provenienza da soggetto abilitato, assumendo a parametro di riferimento la norma di cui all’art. 42 del Dpr 600/1973.
Ciò posto una volta sollevata l’eccezione, sarà l’amministrazione a dover dare la prova contraria, ossia l’esistenza della delega con le caratteristiche richieste dalla legge. Diversamente, per il principio di non contestazione, l’eccezione si considererà ammessa da controparte, ed il ricorso dovrà essere accolto.
2) Sentenza del Consiglio di Stato
Si è in attesa della sentenza del Consiglio di Stato sul “vecchio” concorso da 403 posti da dirigente all’agenzia delle Entrate, dopo l’udienza per decidere nel merito il ricorso su cui era già stata accolta l’istanza cautelare (ordinanza 1979/2015 depositata il 6 maggio scorso) che ha ribaltato la precedente decisione del Tar Lazio. All’origine un dirigente di un’altra amministrazione pubblica faceva rilevare il mancato avvio delle procedure di mobilità (ex art. 30 del DLgs 165/2001).
Nello specifico nell’accogliere la sospensiva sulla precedente sentenza del Tar sfavorevole al ricorrente, il Consiglio di Stato ha così chiarito:
- l’art. 8, comma 24 del Dl 16/2012 deve essere letto in coerenza con le fonti che esso richiama e soprattutto, con i principi di sistema sulla priorità della mobilità (anche volontaria, anche intercompartimentale) rispetto ai procedimenti concorsuali;
- la <<pur indubbia specialità di questi ultimi, evincibile dalla norma stessa, al più riguarda la straordinarietà e l'urgenza del tipo di reclutamento previsto e non anche la deroga ad ogni altra regola di sistema, perché la finalità di una più penetrante lotta all’evasione fiscale di per sé sola giustifica sì l’immediatezza del reclutamento, ma non esclude ogni altro tipo di provvista di personale comunque idoneo al riguardo>>.
B) Problematiche fiscali e contenzioso tributario
Alla luce di quanto sopra, sono decaduti dagli incarichi dirigenziali tutti coloro che erano stati nominati in base alle succitate norme dichiarate incostituzionali e, di conseguenza, secondo me, sono illegittimi tutti gli avvisi di accertamento che hanno firmato nel corso dei vari anni, come si dirà in seguito.
La Legge n. 241 del 07 agosto 1990 determina i casi di efficacia ed invalidità dei provvedimenti amministrativi:
1)Nullità assoluta del provvedimento (art. 21 septies ) “E’ nullo il provvedimento amministrativo che manca degli elementi essenziali, che è viziato da difetto assoluto di attribuzione, che è stato adottato in violazione o elusione del giudicato, nonché negli altri casi espressamente previsti dalla legge”.
In particolare, si tratta di una nullità assoluta (c.d. inesistenza giuridica), che può essere eccepita in ogni stato e grado del giudizio, anche d’ufficio, come più volte stabilito dalla giurisprudenza (Cass., sent. n. 12104 del 2003, che se pur riguardi altra materia, va tenuta in conto per il concetto ben esposto (pagg. 13 e 14), relativo alla rilevabilità d’ufficio, in ogni stato e grado del giudizio, della c.d. inesistenza giuridica o nullità radicale di un provvedimento, come appunto nella fattispecie dei dirigenti illegittimi).
A questo punto, gli avvisi di accertamento firmati (anche su delega) da un dirigente che tale non è, per tutto quanto sopra esposto, rientrerebbero, in una delle suddette ipotesi di nullità assoluta:
• perchè l’atto è viziato da un difetto assoluto di attribuzione, in quanto sottoscritto da un non-dirigente;
• perché gli avvisi non legittimamente sottoscritti rientrano in una ipotesi di nullità espressamente prevista dalla legge (artt. 42, commi 1 e 3, D.P.R. n. 600 del 29/09/1973, e successive modifiche ed integrazioni, e 56, comma 1, D.P.R. n. 633 del 26/10/1972, e successive modifiche ed integrazioni).
Sul punto, giova ricordare che, prima del mutamento del quadro normativo, la Corte di Cassazione aveva affermato che la dichiarazione iva non sottoscritta, non essendo riferibile ad alcun dichiarante, priva com’è di un elemento essenziale per la produzione degli effetti che la legge le ricollega, doveva essere considerata inesistente sul piano giuridico e non sanabile (Cassazione, sentenze n. 2662 del 1992 e n. 7957 del 1995).
2) Annullabilità del provvedimento (art. 21 octies, comma 1) “E’ annullabile il provvedimento amministrativo adottato in violazione di legge o viziato da eccesso di potere o da incompetenza”.
In particolare, si tratta di una nullità relativa, che deve essere espressamente eccepita dalla parte.
Anche in questo caso, gli avvisi di accertamento illegittimamente firmati devono essere annullati:
• perché adottati in violazione di legge (artt. 42 e 56 citati);
• perché viziati da incompetenza, che si verifica quando l’atto amministrativo eccede dalla sfera di attribuzioni riservata all’organo preposto ed è, quindi, un vizio attinente al soggetto, soprattutto per quanto riguarda il grado (c.d. incompetenza per grado).
3) Effetti sul contenzioso per avvisi di accertamento e ruoli
La sentenza 37/2015 della Consulta apre, pertanto, il fronte sui possibili effetti e sulla legittimità degli atti emessi in passato da funzionari nominati dirigenti senza concorso.
Orbene, l’art. 42, comma 1, D.P.R. n. 600 cit. così prevede: “Gli accertamenti in rettifica e gli accertamenti d’ufficio sono portati a conoscenza dei contribuenti mediante la notificazione di avvisi sottoscritti dal capo dell’ufficio o da altro impiegato della carriera direttiva da lui delegato”. La stessa disposizione si applica anche ai fini IVA (art. 56, comma 1, D.P.R. n. 633 cit., per l’espresso richiamo alle disposizioni in materia di imposte sui redditi), come più volte riconosciuto dalla Corte di Cassazione (sentenza n. 10513 del 23 aprile 2008 della Sezione Quinta Civile – Tributaria). Altresì, l’art. 42, comma 3, D.P.R. n. 600 cit. così prevede: “L’accertamento è nullo se l’avviso non reca la sottoscrizione, le indicazioni, la motivazione di cui al presente articolo e ad esso non è allegata la documentazione di cui all’ultimo periodo del secondo comma” (come modificato dall’art. 1, comma 1, lettera c), numero 2, D.Lgs. n. 32 del 26 gennaio 2001).
Detto questo ne deriva che, un avviso di accertamento (IVA e II.DD.) non sottoscritto dal capo dell’ufficio, che deve necessariamente essere un dirigente (come da Regolamento di amministrazione, di cui alla lett. B), n. 5, del presente articolo), è nullo se firmato da un non-dirigente a seguito della sentenza della Corte Costituzionale, perché nominato in base a leggi dichiarate incostituzionali.
Lo stesso discorso vale nel caso di delega, in quanto se la delega è stata rilasciata da un non-dirigente si rientra sempre in una ipotesi di nullità.
In definitiva, se chi ha sottoscritto l’atto non è dirigente perché la sua nomina era illegittima anche l’atto lo sarà e questo vizio di nullità, tassativamente previsto dalla legge, ha effetti meccanici sulla validità degli atti. Ed infatti:
- il delegante deve dimostrare di essere un dirigente legittimo, come chiarito dalla Corte Costituzionale; se non dimostra di essere un dirigente legittimo, la relativa delega è a sua volta illegittima e, come tale, non può produrre effetti giuridici;
- il delegato, invece, deve dimostrare di avere la qualifica di nono livello della carriera direttiva, come previsto dall’art. 42 D.p.r. n. 600/73.
Va evidenziato che, in merito al succitato art. 42, commi 1 e 3, la Corte di Cassazione ha correttamente stabilito i seguenti principi:
a) “La dizione letterale, inequivocabile, della norma rende manifestamente inaccettabile la tesi, logicamente principale, della P.A. ricorrente secondo la quale “ai fini della validità dell’accertamento tributario è necessario che sia certa la provenienza dell’atto amministrativo all’ufficio competente essendo indifferente che esso sia sottoscritto dal Capo dell’ufficio o da un soggetto (qualsiasi, comunque) da lui delegato.
Al contrario, sulla base, appunto, della lettera della citata disposizione legislativa, e ribadendo un’enunciazione di principio già ricavabile da Cass., Sez. I civile, sent. n. 6836 del 22/07/1994, deve ritenersi, e statuirsi, che gli accertamenti in discorso sono nulli tutte le volte che gli avvisi nei quali si concretizzano non risultino sottoscritti dal capo dell’ufficio emittente o da un impiegato della carriera direttiva (addetto a detto ufficio) validamente delegato dal reggente di questo.
Inoltre, la validità della delega a tale sottoposto conferita può essere contestata e verificata in sede giurisdizionale, implicando l’indagine e l’accertamento sul tema un controllo non sull’organizzazione interna della P.A. ma sulla legittimità dell’esercizio della funzione amministrativa e degli atti integranti la relativa estrinsecazione” (in tal senso, Cass., Sez. Tributaria, sentenza n. 14195 del 27 ottobre 2000, più volte citata e ripresa in altre sentenze della stessa Corte di Cassazione).
b) “Si osserva che, ai sensi dell’art. 42 cit., commi 1 e 3, l’accertamento è nullo se non reca la sottoscrizione del capo dell’ufficio o di altro impiegato della carriera direttiva da lui delegato. Su tale premessa, se la sottoscrizione non è quella del capo dell’ufficio titolare, per il personale appartenente alla nona qualifica funzionale, fermi i casi di sostituzione e reggenza di cui all’art. 20, comma 1, lett. a) e b) della legge n. 266/1987, richiamato dall’Amministrazione resistente, è espressamente richiesta la delega a sottoscrivere: il solo possesso della qualifica non abilita il direttore tributario alla sottoscrizione, dovendo il potere di organizzazione essere in concreto riferibile al capo dell’ufficio (come la stessa resistente riconosce attraverso l’esplicito richiamo agli ordini di servizio), onde, in caso di contestazione, contrariamente a quanto affermato dal giudice a quo, incombe all’Amministrazione dimostrare l’esercizio del potere sostitutivo o la presenza della delega” (in tal senso, Cass. Sez. Tributaria, sentenza n. 14626 del 10 novembre 2000).
3) Ruoli
Ciò posto, le stesse contestazioni da fare per gli avvisi di accertamento si possono fare nei confronti dei ruoli che hanno determinato la formazione e notificazione delle cartelle esattoriali.
Ed infatti, l’art. 24, comma 1, D.P.R. n. 602 del 29/09/1973, dopo le modifiche intervenute con il D.Lgs. n. 46 del 26 febbraio 1999, testualmente dispone:
“L’ufficio consegna il ruolo al concessionario dell’ambito territoriale cui esso si riferisce secondo le modalità indicate con decreto del Ministero delle finanze, di concerto con il Ministero del Tesoro, del bilancio e della programmazione economica”.
Il Decreto Ministeriale n. 321 del 03 settembre 1999 (in G.U. n. 218 del 16 settembre 1999) stabilisce che:
• i ruoli sono formati direttamente dall’ente creditore (art. 1, comma 1);
• i ruoli formati direttamente dall’ente creditore sono redatti, firmati e consegnati, mediante trasmissione telematica al CNC, ai competenti concessionari del servizio nazionale della riscossione, denominati concessionari, in conformità alle specifiche tecniche approvate con il Decreto dirigenziale dell’11 novembre 1999 (art. 2, comma 1).
Di conseguenza, i ruoli devono essere firmati dal dirigente dell’ufficio (si rinvia sempre al Regolamento di amministrazione, di cui al punto 3) e, pertanto, in sede processuale, si possono proporre le stesse eccezioni di illegittimità da sollevare avverso gli avvisi di accertamento.
Infatti, il ruolo può essere impugnato dinanzi le Commissioni Tributarie unitamente alla cartella di pagamento, entro 60 giorni dalla notifica della stessa ai sensi e per gli effetti dell’art. 19, comma 1, lett. d), D.Lgs. n. 546 del 31 dicembre 1992 (in tal senso, Cassazione, Sez. Tributaria, sentenze n. 6612 del 26/06/1999 e n. 17351 del 17/11/2003).
4) La Tesi dell’Agenzia
Gli Uffici in questione sostengono che la decadenza dei dirigenti delle Entrate non comporta automaticamente la nullità degli atti da loro emessi e sottoscritti. Ai fini della validità degli atti, essendo irrilevante verso i terzi il rapporto fra la pubblica amministrazione e la persona fisica dell’organo che agisce, si applica la teoria del funzionario di fatto nonché i principi della conservazione degli atti e della continuità dell’azione amministrativa. Vieppiù, è inammissibile l’eccezione di nullità dell’atto sottoscritto dal dirigente decaduto in quanto non rilevabile d’ufficio quando sia proposta tardivamente dal contribuente oltre il ricorso introduttivo del giudizio o, tutt’al più, oltre il termine per proporre motivi aggiunti.
5) Giurisprudenza di merito
A meno di due mesi dalla pubblicazione in G. U. della pronuncia della Consulta, le prime sentenze emesse dai Collegi di merito, sebbene altalenanti, sembrano delineare un orientamento più favorevole al contribuente. Dopo la prima decisione di Milano, anche le commissioni provinciali di Lecce, Campobasso, Brescia, Reggio Emilia, Frosinone.
a)Favorevoli
Commissione Tributaria regionale di Milano, sezione XIII, sentenza 19 maggio 2015 n. 2184: <<Il difetto di sottoscrizione dell’avviso di accertamento recante la firma di un funzionario decaduto dalla carica dirigenziale, si riverbera sulla successiva cartella di pagamento e può essere eccepito in sede d’impugnazione dell’atto di riscossione.
Sempre secondo la Ctr Lombardia la nullità può essere rilevata d’ufficio dal giudice in quanto si verificherebbe un’ipotesi di nullità assoluta del provvedimento (articolo 21 septies della legge241/90) essendo tale atto viziato da difetto assoluto di attribuzione rilevabile in ogni stato e grado del giudizio, anche d’ufficio (Cassazione 12104/2003). In particolare è stato accolto l’appello del contribuente e annullata una cartella di pagamento , successiva a un avviso di accertamento firmato da un <<non>> dirigente. L’eccezione specifica non era stata sollevata nel ricorso di primo grado, ma introdotta a seguito della pronuncia della Corte Costituzionale. E la resistente Agenzia delle Entrate si era opposta, invocando l’inammissibilità della domanda nuova.
Secondo la Ctr di Milano la nullità degli atti amministrativi firmati da dirigenti illegittimi, deve essere rilevata anche alla luce della giurisprudenza di legittimità succedutasi negli anni (n. 17400/12, n. 14626/00, n. 14195/00, n. 14943/12 ed ancora n. 10267/2005, n. 12262/2007). In particolare la Ctr ritiene non applicabile l’articolo 21 octies, comma 2 della legge 241/90 sulla non annullabilità dei provvedimenti adottati in violazione di norme sul procedimento o sulla forma qualora, per la natura vincolata del provvedimento, sia palese che il suo contenuto dispositivo non avrebbe potuto essere diverso da quello in concreto adottato, perché gli avvisi di accertamento e le cartelle esattoriali non hanno natura vincolante ma discrezionale. Vieppiù, l’istituto del funzionario di fatto può invocarsi solamente quando gli atti adottati abbiano contenuto favorevole al contribuente, e non nel caso degli accertamenti, che sono atti lesivi della sfera giuridica>>; Commissione Tributaria Provinciale di Lecce, sezione II, sentenze 21 maggio 2015 nn. 1789 e 1790: <<I giudici tributari provinciali di Lecce, tra i primi in Italia dopo Milano (3222/25/2015 del 31/3/15), annullano due accertamenti per presunta evasione fiscale perché sottoscritti da dirigenti dell’Agenzia delle Entrate dichiarati decaduti dopo che la Corte Costituzionale con sentenza n. 37 del 25/02/2015 aveva bocciato i dirigenti delle Entrate nominati senza concorso. Orbene, afferma la Sezione II, Commissione Tributaria Provinciale di Lecce, con le due sentenze 1789 e 1790 del 21 maggio 2015 che “in ogni caso, quando il contribuente eccepisce la violazione del più volte citato art. 42, l'onere della prova spetta sempre all'Agenzia delle Entrate, che deve contrastare le eccezioni di parte con prove documentali valide ed appropriate (Cassazione, sent. n.17400/12, n.14626/00, n.14195/00, n.14942 del 21/12/2012 depositata in cancelleria il 14 giugno 2013)>>; Commissione tributaria provinciale di Milano, sezione XXV, sentenza 10 aprile 2015 n. 3222 (Pres. Verniero; Rel. Ingino); Commissione Tributaria Provinciale di Brescia sezione I, sentenza 14 aprile 2015 n. 277; Commissione Tributaria Provinciale Frosinone sezione II, sentenza 15 maggio 2015 n. 414 (presidente Ferrara, relatore Valchera); CTP Lecce, Sez. V, 4 giugno 2015 n. 1909; CTP Lecce, Sez. II, 5 giugno 2015 nn. 2043, 2044; Commissione Tributaria Provinciale di Molise Campobasso, sezione III, sentenza, 21 maggio 2015 n. 784 (presidente e relatore Di Nardo).
b) Sfavorevoli
Commissione tributaria provinciale di Gorizia, sezione I, sentenza 1 aprile 2015 n. 63; Commissione tributaria provinciale Macerata, sezione II, sentenza 20 aprile 2015 n. 150; Commissione tributaria Provinciale di Pesaro, sezione I, sentenza 28 aprile 2015 n. 309; Commissione tributaria Provinciale Bergamo sentenza 393/08/2015 (presidente e relatore Fischetti).
C) Corte di Cassazione sentenze n. 22810, n. 22800 e n. 22803 del 9 novembre 2015.
Con le sentenze n. 22810, n. 22800 e n. 22803 del 9 novembre 2015 la Corte di Cassazione dichiara validi gli atti emessi dai dirigenti dell'Agenzia delle Entrate decaduti a seguito della sentenza della Corte Costituzionale n. 37 del 2015, purchè trattasi di capi dell’ufficio fiscale che non devono necessariamente essere dirigenti.
Ecco che, per gli Ermellini la delega di firma al funzionario incaricato, che quindi non ha sostenuto un concorso da dirigente, non è di per sé motivo di nullità dell’atto. Ne deriva, infatti, dalle tre sentenze, sebbene trattino diversi aspetti, una unica conclusione e cioè che gli atti non sono automaticamente nulli.
Va anche evidenziato che gli atti sono validi però nell’ambito di criteri ben precisi.
1) Sentenza n. 22810/2015
Orbene, dalla sentenza n. 22810/2015 emerge tale punto fondamentale: <<in ordine agli avvisi di accertamento in rettifica e agli accertamenti d'ufficio, il d.P.R. n. 600 del 1973, art. 42, impone sotto pena di nullità che l'atto sia sottoscritto dal "capo dell'ufficio" o "da altro impiegato della carriera direttiva da lui delegato", senza richiedere che il capo dell'ufficio o il funzionario delegato abbia a rivestire anche una qualifica dirigenziale; ciò ancorché una simile qualifica sia eventualmente richiesta da altre disposizioni. In esito alla evoluzione legislativa e ordinamentale, sono impiegati della carriera direttiva, ai sensi della norma appena evocata, i "funzionari di area terza" di cui al contratto del comparto agenzie fiscali fissato per il quadriennio 2002-2005. In questo senso la norma sopra citata, individua l'agente capace di manifestare la volontà della amministrazione finanziaria negli atti a rilevanza esterna, identificando quale debba essere la professionalità per legge idonea a emettere quegli atti. Da ciò deriva che la sorte degli atti impositivi formati anteriormente alla sentenza n. 37 del 2015 della Corte costituzionale, sottoscritti da soggetti al momento rivestenti funzioni di capo dell'ufficio, ovvero da funzionari della carriera direttiva appositamente delegati, e dunque da soggetti idonei ai sensi dell'art. 42 del d.P.R. n. 600 del 1973, non è condizionata dalla validità o meno della qualifica dirigenziale attribuita per effetto della censurata disposizione di cui art. 8, 24° comma, del dl. n. 16 del 2012>>.
E’ questa la sentenza più incisiva ovvero quella che sferra un duro colpo per i contribuenti alla possibilità di eccepire in sede di ricorso contro gli atti impositivi il vizio di sottoscrizione degli stessi da dirigenti decaduti.
Per la Corte, infatti, le questioni concernenti le carriere dell’Agenzia costituiscono una mera questione relativa al rapporto di lavoro o di servizio, e pertanto vicenda interna al funzionamento dell’Agenzia. Ed è l’art. 42 del Dpr 600 del 1973, a prestare il fianco a questa decisione laddove dichiara la validità dell’accertamento alla sola condizione che venga sottoscritto dal capo dell’ufficio o da altro impiegato della carriera direttiva da lui delegato. Carriera direttiva che non significa titolarità di una posizione dirigenziale. Ecco che, non ha alcuna importanza se il direttore dell’ufficio avesse conseguito o meno la qualifica dirigenziale in modo conforme alla legge bocciata dalla Corte Costituzionale.
2) Sentenza n. 22800/2015
Con la sentenza n. 22800/2015 la Corte non sorvola sulla correttezza della delega laddove: <<l’avviso di accertamento è nullo senza la firma del capo ufficio o di un altro impiegato alla carriera direttiva da lui delegato. Oggi vanno considerati impiegati alla carriera direttiva, i funzionari della terza area. E ai meri fini della validità dell’atto non occorre che i funzionari deleganti e delegati possiedano la qualifica di dirigente, anche qualora sia richiesta da altre disposizioni. Qualora poi sia il contribuente a contestare la legittimazione della firma, è onere del fisco provare il possesso dei requisiti previsti dalla legge>>.
3) Sentenza n. 22803/2015
Infine, una luce per i contribuenti si intravede con la sentenza n. 22803/2015 laddove viene stabilito che la delega in bianco, priva del nome del soggetto delegato va considerata nulla, in quanto il contribuente non può agevolmente verificare se il delegatario ha il potere di sottoscrivere l’atto. In sostanza la delega può essere conferita con atto proprio o con ordine di servizio purchè venga indicato, unitamente alle ragioni della delega (ossia le cause che ne hanno resa necessaria l’adozione, quali carenza di personale, assenza, vacanza, malattia, etc.) il termine di validità ed il nominativo del soggetto delegato. E non è sufficiente sia in caso di delega di firma sia in caso di delega di funzione l’indicazione della sola qualifica professionale del destinatario della delega, senza alcun riferimento nominativo alle generalità di chi effettivamente rivesta la qualifica richiesta. Sono perciò illegittime le deleghe impersonali, anche ratione officii prive di indicazione nominativa del soggetto delegato. E tale illegittimità si riflette sulla nullità dell’atto impositivo. Anche se il contribuente formula l’eccezione di validità della sottoscrizione in modo generico, è onere dell’amministrazione provare la correttezza della delega.
D) Inquadramento del “Capo Ufficio” secondo la Cass. n. 22810, n. 22800 e n. 22803/2015
Cass. n. 22810
<<Difatti il D.P.R. n. 600 del 1973, art. 42, comma 1, si limita - come s'è visto - a prevedere che gli avvisi, con cui sono portati a conoscenza dei contribuenti gli accertamenti in rettifica e gli accertamenti d'ufficio, sono sottoscritti dal "capo dell'ufficio" o "da altro impiegato della carriera direttiva da lui delegato", senza richiedere che il capo dell'ufficio abbia a rivestire anche una qualifica dirigenziale.
Tale conclusione, per quanto esplicitamente sostenuta in un solo precedente (v. Sez. 5^ n. 18515-10), può considerarsi del tutto pacifica nella giurisprudenza della corte di riflesso a quanto affermato a proposito della validità della delega a funzionario, quale il direttore tributario di nona qualifica funzionale poi divenuta l'area C di cui al D.P.R. n. 266 del 1987, art. 20, comma 1, lett. d), sottoscrivente l'atto senza essere titolare dell'ufficio (v. Sez. 6^ - 5 n. 17400-12, cui adde Sez. 5^ n. 14626-00 nonchè, di recente, anche per il connesso profilo dell'onere della prova, incombente all'amministrazione, in ordine al corretto esercizio del potere sostitutivo da parte del sottoscrittore o alla presenza della delega del titolare dell'ufficio, Sez. 5^ n. 14942-13, n. 17044-13, n. 18758-14). Alla suddetta pacifica affermazione di principio va associato un argomento logico-letterale la cui rilevanza appare innegabile per la soluzione del problema in esame: se, in base alla norma di cui all'art. 42, comma 1, l'atto impositivo può essere sottoscritto anche da un "altro" impiegato della carriera direttiva delegato dal capo dell'ufficio, e se tale "altro" impiegato può essere un funzionario di area direttiva non dirigenziale (appunto l'impiegato ex nono livello), per proprietà transitiva è logico desumere che la medesima qualifica di semplice impiegato della carriera direttiva vale a identificare, in base alla stessa norma di legge, la posizione del capo dell'ufficio delegante; posizione in tal misura necessaria ma anche sufficiente ai fini specifici della validità degli atti. La conclusione è in simile prospettiva direttamente evincibile dal testo del D.P.R. n. 600 del 1973, art. 42, comma 1, in cui l'utilizzo dell'espressione "altro" non può essere privata di significato al fine di individuare il precetto sottostante. Essa vale a stabilire che la legge consente che anche il capo dell'ufficio sia, al pari del delegato, e al fine di legittimamente sottoscrivere gli avvisi di accertamento, un semplice impiegato della carriera direttiva. Nè la norma si presta a un'interpretazione diversa da quella letterale. Merita di essere sottolineato che l'espressione "impiegato della carriera direttiva" è stata coniata in un contesto ordinamentale complessivo che già conosceva le qualifiche funzionali della dirigenza pubblica; al punto da doversi considerare utilizzata dal legislatore a proposito, in senso non evocativo - cioè - di un requisito specifico qual è quello inerente al non richiamato possesso della "qualifica dirigenziale". Giova qui rammentare che nelle amministrazioni statali la figura del dirigente - antesignana di quella attualmente prevista dal D.Lgs. n. 165 del 2001 - è stata introdotta per la prima volta col D.P.R. n. 748 del 1972, cui si deve la creazione della nuova carriera dirigenziale scissa da quella semplicemente direttiva prevista dall'anteriore D.P.R. n. 3 del 1957. La già avvenuta introduzione nel comparto dei ministeri della nuova figura dotata di attribuzioni proprie, direttamente conferite dalla legge, oltre tutto articolata in tre qualifiche di ordine ascendente (primo dirigente, dirigente superiore e dirigente generale), induce a sottolineare che se a tale figura il legislatore tributario del 1973 avesse inteso riferirsi nella determinazione del soggetto avente titolo rappresentativo dell'amministrazione quanto agli avvisi di accertamento, e addirittura a pena di nullità degli avvisi diversamente sottoscritti, lo avrebbe fatto redigendo il precetto in termini specifici e coerenti con una tale volontà. Tutto ciò conferma che, sotto la sanzione di nullità degli atti, compete al titolare dell'ufficio, quale organo deputato a svolgerne le mansioni fondamentali, ovvero "a un altro impiegato della carriera direttiva da lui delegato", la funzione di sottoscrivere gli avvisi con i quali sono portati a conoscenza dei contribuenti gli accertamenti, indipendentemente dal ruolo dirigenziale eventualmente ricoperto>>.
Cass. n. 22800
<<Ma invece il Collegio ritiene, in continuità con la costante giurisprudenza di questa Corte, che l'espressione "impiegato della carriera direttiva" contenuta nel ben noto art. 42 dpr 600/1973, non equivale a "dirigente" ma richieda un quid minus. E perciò la tematica dei "dirigenti illegittimamente nominati", non entra nell'oggetto del giudizio. In quanto a seguito delle evoluzioni normative e contrattuali succedutesi dal 1973 in poi, l'"impiegato della carriera direttiva" oggi corrisponde al "funzionario della terza area" (Cass. 21 gennaio 2015, n. 959).
Alla luce della ricostruzione che precede, per le agenzie fiscali la vecchia carriera direttiva deve oggi essere individuata nella terza area, che ha assorbito la "vecchia" nona qualifica funzionale; ritenuta idonea a determinare la validità dell'atto in numerose sentenze di questa Corte, che hanno respinto la tesi dei contribuenti secondo cui il delegato dovrebbe essere un dirigente vero e proprio (cfr. Cass. 5 settembre 2014, n. 1875 8)>>.
E) Critica in merito alla definizione di “Capo Ufficio”
Innanzitutto il Capo Ufficio deve necessariamente essere un dirigente per cui non si condivide affatto la tesi della Cassazione secondo cui il Capo Ufficio può anche non esserlo, laddove come detto al punto sopra D) tale tesi si basa sul fatto che la figura del dirigente era stata prevista dal D.P.R. n. 748 del 30 giugno 1972.
Ebbene, questo decreto si riferisce però alle vecchie strutture fiscali degli uffici che in quel periodo avevano tutte la circoscrizione locale o provinciale ed erano distinti nel seguente modo:
- Ufficio Distrettuale delle II.DD. con circoscrizione locale (per es. nella provincia di Lecce c’erano 4 uffici a Lecce, Maglie, Casarano e Gallipoli);
- Ufficio Provinciale Iva che aveva una unica competenza territoriale provinciale;
- Ufficio del Registro che, come l’Ufficio Distrettuale Imposte Dirette di Lecce aveva una competenza territoriale locale (per es. nella provincia di Lecce c’erano 4 uffici a Lecce, Maglie, Casarano e Gallipoli).
Ciò detto, quando è stato scritto l’art. 42 DPR 600/73, ovvero in un anno successivo al D.P.R. 748/72 (come scritto dalle stesse sentenze della Cassazione in commento) è ovvio che il Legislatore ha utilizzato il termine generico “Capo Ufficio” giacchè gli uffici potevano avere una competenza territoriale locale e non provinciale. E quindi, se il 1° Dirigente doveva essere titolare di un Ufficio Provinciale (come nelle ipotesi dell’Ufficio Provinciale IVA) e non come per gli altri uffici, che non avevano necessariamente una competenza territoriale provinciale, il titolare poteva non essere un dirigente.
Di poi, la struttura generale degli uffici fiscali è stata territorialmente riformata.
Orbene lo Statuto dell’Agenzia delle entrate è stato approvato con delibera del Comitato Direttivo n. 6 del 13 dicembre 2000 ed è stato aggiornato fino alla delibera del Comitato di gestione n. 11 del 21 marzo 2011.
In particolare, secondo lo Statuto:
• i dirigenti dell’Agenzia dirigono, controllano e coordinano l’attività degli uffici che da essi dipendono e dei responsabili dei procedimenti amministrativi, anche con poteri sostitutivi in caso di inerzia (art. 11);
• l’Agenzia è articolata in uffici centrali e periferici. Tale articolazione, come da regolamento, corrisponde a quella in essere per le strutture del dipartimento delle Entrate, le cui funzioni, ai sensi dell’art. 57, comma 1, del decreto istitutivo, sono trasferite all’Agenzia (art. 13, comma 1).
A seguito di questa riorganizzazione è intervenuto il Regolamento n. 4 del 30 novembre 2000 laddove all’art. 5 vengono chiarite le competenze degli uffici periferici. Al 1°comma: <<le funzioni operative dell’Agenzia sono svolte, salvo quelle demandate per specifiche esigenze agi uffici centrali e regionali dai seguenti tipi di uffici periferici: a) direzioni provinciali>>, ed al 5° comma viene testualmente scritto che le Direzioni “Provinciali sono Uffici di livello dirigenziale.
Ed ancora, in seguito è intervenuto il D. Legisl. n. 165 del 30 marzo 2001 laddove all’art. 17 vengono chiarite in modo tassativo le funzioni dei dirigenti.
Di conseguenza, la lettura dell’art. 42, 1° comma deve essere interpretata contestualizzando la situazione organizzata degli Uffici Fiscali che come detto in precedenza nel corso degli anni è totalmente cambiata.
Alla luce di quanto detto, il Capo Ufficio dell’Agenzia delle Entrate deve necessariamente essere un dirigente per cui venendo meno questa qualifica l’atto che sottoscrive è illegittimo né può essere utilizzata la teoria del cd. Funzionario di fatto (sentenza n. 6 del 22 maggio 1993; Cons. Giust. Reg. Sic. n. 170 del 24/03/1960; C. di S., Sez. V, n. 1160 del 15/12/1962; Sez. IV, n. 145 del 13/04/1949).
F) Le condizioni ed i limiti della delega
Si concorda pienamente con la tesi della Corte di Cassazione 22803/2015 per quanto riguarda i limiti e le condizioni della delega che devono essere i seguenti:
• ragioni della delega (ossia le cause che ne hanno resa necessaria l'adozione, quali carenza di personale, assenza, vacanza, malattia, etc);
• il termine di validità;
• il nominativo del soggetto delegato.
Non è sufficiente, in entrambe le tipologie di deleghe (di firma o di funzione) l'indicazione della sola qualifica professionale del dirigente destinatario della delega, senza alcun riferimento nominativo alla generalità di chi effettivamente rivesta tale qualifica.
Devono, quindi, ritenersi illegittime le deleghe "impersonali", anche "ratione officii", senza indicare nominalmente il soggetto delegato e tale illegittimità si riflette sulla nullità dell'atto impositivo.
G) Qualifica del “delegato” della carriera direttiva
<<Alla luce della ricostruzione che precede, per le agenzie fiscali la vecchia carriera direttiva deve oggi essere individuata nella terza area, che ha assorbito la "vecchia" nona qualifica funzionale; ritenuta idonea a determinare la validità dell'atto in numerose sentenze di questa Corte, che hanno respinto la tesi dei contribuenti secondo cui il delegato dovrebbe essere un dirigente vero e proprio (cfr. Cass. 5 settembre 2014, n. 1875 8)… In base al D.P.R. n. 600 del 1973, art. 42, l'avviso di accertamento è nullo se non reca la sottoscrizione del capo dell'ufficio o di altro impiegato della carriera direttiva da lui delegato.
A seguito della evoluzione legislativa ed ordinamentale sono oggi "impiegati della carriera direttiva" ai sensi del D.P.R. n. 600 del 1973, art. 42, i "funzionari della terza area" di cui al contratto del comparto agenzie fiscali per il quadriennio 2002-2005 (art. 17).
E - in base al principio della tassatività delle cause di nullità degli atti tributali - non occorre, ai meri fini della validità dell'atto, che i funzionari deleganti e delegati possiedano la qualifica di dirigente, ancorchè essa sia eventualmente richiesta da altre disposizioni>>. Cass.22800/2015
Anche in questo caso si concorda pienamente con l’interpretazione della Corte di Cassazione che ha chiarito che il delegato deve appartenere alla carriera direttiva, così come tassativamente previsto dall’art. 42 c°1 Dpr 600. E pertanto, deve appartenere ai "funzionari della terza area" di cui al contratto del comparto agenzie fiscali per il quadriennio 2002-2005.
Va anche precisato, che in caso di contestazione è sempre onere dell’Amministrazione finanziaria dimostrare il contrario così come stabilito dalla citata sentenza 22800 /2015: <<Ciò premesso occorre ribadire che, ove il contribuente contesti nel suo ricorso introduttivo (così come evidenziato nella sentenza impugnata) il possesso da parte del delegato (o del delegante) dei requisiti indicati dall'art. 42, spetta alla Amministrazione fornire la prova della non sussistenza del vizio dell'atto. Ciò sia in base al principio di leale collaborazione che grava sulle parti processuali (e segnalatamente sulla parte pubblica), sia in base al principio della "vicinanza della prova" in quanto si discute di circostanze che coinvolgono direttamente la Amministrazione, che detiene la relativa documentazione, di difficile accesso per il contribuente (Cass. 5 settembre 2014, n. 18758; Cass. 10 luglio 2013, n. 17044; Cass. giugno 2013, n. 14942). E dunque non è consentito al giudice tributario attivare d'ufficio poteri istruttori>>.
H) Eccezioni di nullità degli atti
Alla luce di tutto quanto sopra esposto e documentato il contribuente, secondo me, sin dal ricorso introduttivo può continuare ad eccepire :
- Nullità dell’atto perché firmato da un Capo Ufficio non dirigente ai sensi dell’art. 21 septies L. 241/90;
- Nullità della delega perché non motivata né temporanea né personalizzata;
- Nullità della delega perché conferita ad un impiegato non appartenente alla carriera direttiva (cioè 3° Area ex 9° Livello).
E’ consigliabile sempre sollevare le eccezioni di nullità dell’atto ex art. 42 ultimo comma sin dal ricorso introduttivo, perché in tal modo oltre che rispettare le condizioni stabilite da altre sentenze della Cassazione (per tutte Sez. V n. 25756/14) si inverte l’onere della prova perché dovrà poi essere l’Agenzia delle Entrate a dimostrare il contrario.
Avv. Maurizio Villani
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avv. maurizio villani
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