Risponde del reato di cui alla legge Mancino chi indossa alla manifestazione sportiva la t-shirt con l'immagine del Duce e riproducente scritte proprie dell'ideologia fascista.
Condannato ad un'ammenda il giovane con la maglietta di Mussolini alla gara di hockey poiché la fattispecie sussiste per il solo uso dei simboli del regime anche senza adesione ai gruppi nazionalisti
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Esemplare punizione per i “nostalgici” del fascismo e non poteva essere altrimenti se si vuole perseverare nella tutela dei valori della costituzione antifascista che devono essere sempre vivi e applicati dalla magistratura quando c’è chi continua ad inneggiare all’odio fascista e nazista violando apertamente quel sistema ideale che è uno dei punti fermi della Nostra Carta.
Arriva con una significativa sentenza la conferma della condanna per il reato di cui all’articolo 2 comma secondo d.l. 26 aprile 1993 n. 122 con modifiche in legge 25 giugno 1993 n. 205, nota come legge Mancino, per il giovane tifoso che mentre assiste ad un evento sportivo indossa una maglia con l’immagine del Duce e riproducente scritte proprie dell’ideologia fascista.
Ed ha l’autorevolezza del precedente di legittimità, rileva Giovanni D&\#39;Agata, presidente e fondatore dello “Sportello dei Diritti”, in quanto la decisione in questione viene dalla prima sezione penale della Cassazione che con la sentenza 39860/13, pubblicata in data odierna ha confermato per l’appunto la condanna, per violazione della legge Mancino, alla pena pecuniaria di 2.280 euro di ammenda che aveva commutato quella precedente a due mesi di arresto inflitta dalla Corte d’Appello di Bolzano a un giovane che aveva indossato una t-shirt con i simboli di organizzazioni nazionaliste durante una gara di hockey.
A nulla è valso il ricorso della difesa secondo cui «indossare una maglietta o altro capo di abbigliamento richiamante motti, scritte o simbologia del partito fascista non può in sé integrare le fattispecie di reato previste dalla legge». Né è rilevante l’assunto per il quale il giovane sosteneva che «non aveva alcuna intenzione di discriminare ed offendere l’altrui dignità».
Sul punto gli ermellini sono duri nel rilevare che «il reato all’art 2 comma secondo d.l. 26 aprile 1993 n. 122, con modif in legge 25 giugno 1993 n. 205 sussiste per il solo fatto che taluno acceda ai luoghi di svolgimento di manifestazioni agonistiche recando con sé emblemi o simboli di associazioni o gruppi razzisti e simili, nulla rilevando che a tali gruppi o associazioni egli non sia iscritto»; in tal senso, infatti, non si può non tenere conto anche del luogo di consumazione del fatto e dell’occasione in cui è stata posta in essere la condotta.
Ed in più: «L’essersi presentato esibendo la maglietta con le scritte e i simboli inneggianti al regime fascista ed ai valori dell’ideologia fascista nel contesto dello specifico incontro sportivo di hockey svoltosi in Alto Adige, notoriamente caratterizzato da contrasti delle opposte tifoserie, integra la condotta di uso di simboli propri delle organizzazioni nazionaliste ed i comportamenti vietati e sanzionati dalla legge»