Scandalo farmaci anticancro scaduti: due responsabili Alkopharma oggi a processo in Svizzera

La vicenda riguarda diversi paesi europei. Nonostante le sollecitazioni dello “Sportello dei Diritti”, Ministero della Salute italiano e Aifa non hanno ancora chiarito se in Italia sia stato commercializzato il Thiotepa oggetto dell’inchiesta

Scandalo farmaci anticancro scaduti: due responsabili Alkopharma oggi a processo in Svizzera

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Lo scorso gennaio lo “Sportello dei Diritti”, aveva segnalato quanto era stato oggetto di ampio dibattito in Svizzera ed in Francia circa la scoperta del commercio, tra il 2007 e il 2011, di farmaci anticancro scaduti da parte della società Alkopharma ed avevamo chiesto una verifica urgente in merito da parte del Ministero della Salute e all’AIFA (l’Agenzia Italiana per il Farmaco) per appurare se i medicinali in questione fossero stati acquistati da italiani o commercializzati anche in Italia. Proprio in data odierna, la stampa svizzera ha reso noto che due responsabili della società Alkopharma sono comparsi oggi davanti al Tribunale cantonale vallesano con l’accusa di aver smerciato questi farmaci. L'Istituto svizzero per gli agenti terapeutici Swissmedic ha, infatti, presentato ricorso in appello contro la sentenza di primo grado del giugno 2016. È bene ricordare, che tra il 2007 e il 2011 Alkopharma avrebbe venduto circa 100.000 flaconi scaduti, per lo più in Francia. Circa 2000 dosi non conformi sono state però smerciate anche in Svizzera e somministrate ad almeno 27 pazienti: 23 all'Inselspital di Berna, tre in Ticino e uno al Centro ospedaliero universitario vodese (CHUV) di Losanna. L'autorità di controllo dei farmaci Swissmedic ritiene che gli imputati abbiano messo in pericolo la salute dei pazienti. Chiede dunque pene più pesanti di quelle - solo pecuniarie - inflitte dal Tribunale distrettuale di Martigny lo scorso gennaio. Fondata in Francia, Alkopharma si è insediata nel canton Ginevra alla fine degli anni Novanta e poi in Vallese, a Martigny, nel 2003. Nel 2011, Swissmedic ha aperto un procedimento penale amministrativo contro la società, che nel 2013 è stata dichiarata fallita. Il Tribunale distrettuale di Martigny aveva condannato nel giugno 2016 quattro dirigenti dell'impresa vallesana - la coppia proprietaria e due altri manager - a pene pecuniarie e multe per aver falsificato la data di scadenza di alcuni medicamenti contro il cancro. I giudici hanno però scartato il reato di esposizione a pericolo della vita o salute altrui. Questo punto è contestato da Swissmedic. In un'intervista apparsa lo scorso 16 gennaio sui giornali "24 Heures" e "La Tribune de Genève" Olivier Flechtner, incaricato presso Swissmedic delle indagini sul dossier Alkopharma, ha spiegato che il rischio per i malati era "concreto", anche se la questione resta complessa" e varia a seconda della patologia e del trattamento legato al farmaco incriminato, denominato Thiotepa. Durante la prima assunzione del prodotto, i flaconi scaduti provocano un dosaggio inferiore al dovuto che non ha conseguenze, in quanto il medico li somministra fino al limite tollerabile dal paziente in termini di effetti collaterali. Ma se durante la seconda assunzione la partita è cambiata e il medicamento è dosato correttamente, l'aumento inatteso del principio attivo può innescare una reazione pericolosa per la salute, ha spiegato Flechtner. Dal canto suo nella stessa intervista Matthias Stacchetti, capo della divisione penale di Swissmedic, ha sottolineato anche che l'inchiesta di Swissmedic mostrava come i lotti falsificati di Thiotepa fossero dieci, ma il tribunale vallesano ne ha presi in considerazione solo tre. Inoltre - a suo avviso - i giudici hanno negato la responsabilità del direttore dell'azienda, pur se in diritto penale amministrativo esiste una disposizione che permette di incriminarlo allo stesso modo di un dipendente "nel caso in cui non avesse fatto tutto il possibile per impedire a quest'ultimo di commettere delle infrazioni". In un'altra intervista, pubblicata in gennaio Martin Fey, responsabile del servizio oncologico dell'Inselspital di Berna, ha dichiarato ai due domenicali "Matin Dimanche" e "SonntagsZeitung" che il suo ospedale ha ricevuto 1452 flaconi di Thiotepa tra il 2007 e il 2011, la maggioranza dei quali non contenevano la dose minima del principio attivo. Secondo Fey, all'Inselspital il problema ha riguardato 23 pazienti, la metà dei quali bambini. Il caso avrebbe interessato però tutti i principali istituti elvetici: l'Ospedale universitario di Ginevra ha ad esempio ricevuto 422 flaconi, quello di Basilea 220 e l'ospedale di Bellinzona 162. Alla luce di questi dati, dell’evolversi della vicenda giudiziaria poco al di là delle Alpi e dei rischi per i pazienti che hanno assunto i farmaci in questione, per Giovanni D'Agata, presidente dello “Sportello dei Diritti”, è assurdo che il Ministero della Salute italiano e l’Aifa non abbiano ancora chiarito se in Italia sia stato commercializzato o meno il Thiotepa oggetto dell’inchiesta. Ecco perché a tutela della salute pubblica e per dovere di correttezza verso la potenziale platea dei soggetti coinvolti, rivolgiamo nuovamente un appello alle due istituzioni competenti affinché facciano immediata chiarezza sulla vicenda e fughino ogni dubbio circa la commercializzazione nel Nostro Paese di questi prodotti.

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