Sicurezza alimentare: perclorato in frutta e verdura è un enigma
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Nessuna autorità sanitaria sino ad oggi è riuscita a spiegare il perché della scoperta di un&\#39;elevata quantità di residui di perclorato in frutta e verdura in diversi Paesi nei mesi scorsi.
L&\#39;Ufficio federale della sanità pubblica (UFSP) svizzero, per esempio, riferisce in data odierna che finora nessuno è riuscito ad appurare in che modo la sostanza – utilizzata, fra l’altro, nei fuochi d&\#39;artificio o nelle munizioni e presente naturalmente nei concimi minerali – sia potuta giungere sino alle coltivazioni.
Una nota dell&\#39;UFSP ha rilevato che sulla base delle informazioni disponibili, risulta che in Svizzera le concentrazioni rilevate siano minime, e pertanto non vi siano da attendersi disturbi alla salute.
In tal senso, Giovanni D&\#39;Agata, fondatore dello “Sportello dei Diritti” ricorda che il perclorato, se assorbito attraverso gli alimenti contaminati, è rapidamente eliminato con l&\#39;urina e non si accumula nell&\#39;organismo. Tuttavia, se assunto in determinate concentrazioni, può impedire temporaneamente la metabolizzazione dello iodio da parte della tiroide.
Dopo che nel 2012 è stato perfezionato un nuovo metodo per rilevare i perclorati negli alimenti, nei mesi scorsi le analisi hanno riscontrato in diversi Paesi un&\#39;elevata quantità di perclorati in frutta e verdura. Le autorità sanitarie europee stanno cercando, insieme all&\#39;industria alimentare, le possibili fonti della contaminazione.
La legislazione europea in materia, non stabilisce in modo specifico concentrazioni massime di perclorato per frutta e verdura, ma vige la regola generale secondo cui le sostanze estranee possono essere presenti negli alimenti solo in quantità innocue per la salute e se tecnicamente indispensabile. Va ricordato, però che il 16 luglio scorso, la Commissione europea ha fissato in proposito valori massimi provvisori.
Entro la fine dell&\#39;anno l&\#39;Autorità europea per la sicurezza alimentare (EFSA), ha fatto sapere che pubblicherà una relazione in merito.
Ma Giovanni D&\#39;Agata, evidenzia che mentre in Svizzera l&\#39;UFSP ha raccomandato agli operatori del settore interessati di adottare i valori indicati provvisoriamente dall’UE, in Italia ancora le autorità sanitarie non hanno provveduto in tal senso.