Sicurezza stradale: fango e sterpaglie sulla strada? Ne risponde l'ente di gestione delle strade responsabile per cose in custodia. La notevole estensione della rete stradale non basta ad escludere responsabilità dell'ANAS. Deve risarcire motociclista ch
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Un principio importante in materia di responsabilità aquiliana per cose in custodia (art. 2051 c.c.), quello stabilito dalla Suprema Corte, secondo la quale l'ente di gestione delle strade è responsabile del sinistro provocato dal fango e dai detriti non tempestivamente rimossi, specie se su una strada importante, e deve risarcire la vittima. È questo il contenuto della sentenza n. 21508, depositata il 18 ottobre 2011 con cui la terza sezione civile ha rigettato i ricorso dell'Anas che dovrà risarcire le vittime del sinsitro stradale. Nel caso in esame, che Giovanni D'Agata componente del Dipartimento Tematico Nazionale "Tutela del Consumatore" di IDV e fondatore dello "Sportello Dei Diritti" riporta in commento, come si legge nella Sentenza l'Anas aveva proposto ricorso per Cassazione avverso la sentenza della Corte di Appello di Catanzaro che, riformando la sentenza di primo grado, aveva accolto la richiesta di due automobilisti volta ad ottenere il risarcimento dei danni riportati da un sinistro stradale. In sostanza, a seguito della notevole pioggia, si erano accumulate sulla strada fango, sterpaglie e sabbia che avevano causato lo sbandamento della vespa su cui viaggiavano le vittime del sinistro. Su ricorso dell'Anas volto ad escludere la propria responsabilità, gli Ermellini, rigettando il ricorso, hanno spiegato che in tema di responsabilità di sinistri stradali, il fattore decisivo per l'applicabilità della disciplina ex art. 2051 del codice civile deve individuarsi nella possibilità o meno di esercitare un potere di controllo e di vigilanza sui beni demaniali, con la conseguenza che l'impossibilità di siffatto potere non potrebbe ricollegarsi puramente e semplicemente alla notevole estensione del bene e all'uso generale e diretto da parte dei terzi, da considerarsi meri indici di tale impossibilità, ma all'esito di una complessa indagine condotta dal giudice di merito con riferimento al caso singolo, che tenga in debito conto innanzitutto gli indici suddetti.
Il custode della strada – sottolinea la Corte - "doveva ritenersi obbligato a controllare lo stato della strada ed a mantenerla in condizioni ottimali d'impiego"; lo stesso non poteva considerarsi esente da responsabilità in considerazione della presenza della pioggia, fattore di rischio "conosciuto o conoscibile a priori dal custode".