Tatuaggi e discriminazioni sul lavoro. Il tattoo troppo spesso una barriera verso la conquista di un posto di lavoro.

Solo in America la situazione sta cambiando e pare non generi più discriminazioni. In Italia ancora un tabù

Tatuaggi e discriminazioni sul lavoro. Il tattoo troppo spesso una barriera verso la conquista di un posto di lavoro.

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Presentarsi ad un colloquio di lavoro non è mai facile, ma per coloro che sono tatuati diventa una vera e propria incognita perché troppo spesso un innocuo tattoo può rappresentare una vera e propria barriera per la conquista della tanta agognata nuova occupazione. Qualunque sia l'impiego ambito, bancario o commesso, cameriere o manager, è più che probabile che ciascuno di noi tenga ben nascosto sotto la camicia il tatuaggio che dall'avambraccio si allunga verso il polso: per fare buona impressione, almeno la prima. Poi, buona fortuna. La paura di essere giudicati negativamente, e in questo modo perdere opportunità professionali, è ancora grande; e spesso tutt'altro che infondata. Eppure, qualcosa pare proprio stia cominciando a cambiare. Se negli Usa, infatti, iniziano addirittura a venire apprezzati; tanto che non solo il 40% dei giovani li sfoggia, ma anche il 20% degli adulti, per esempio in Giappone costituiscono ancora un vero e proprio tabù in certi luoghi, dove addirittura nella maggior parte delle piscine permane il divieto d'ingresso, a meno di riuscire a coprire i tatuaggi con un cerotto. In Italia, rileva Giovanni D'Agata, presidente dello “Sportello dei Diritti”, la situazione non è molto cambiata nel corso degli anni e la presenza di un tatuaggio ben visibile rimane ancora un elemento di valutazione negativa in molti ambiti, specialmente in quelli nei quali è importante il rapporto con l’utenza o la clientela. Una scriminante non tollerabile in un paese civile che non può che essere combattuta sul piano sociale, stante la discrezionalità che i datori di lavoro possono opporre al momento dell’assunzione. È chiaro però che un’eventuale mancata conferma nel posto di lavoro a seguito del periodo di prova o un licenziamento sol perché si era nascosto il tattoo sotto la camicia potrà essere motivo d’impugnazione innanzi al giudice del lavoro per violazione del principio di non discriminazione.

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