«Zelanti come nei Paesi nordici» Gallipoli, bufera sui vigili urbani
Il corpo della polizia locale fa un blitz in un ristorante per rimuovere i tavoliniMa la Procura di Lecce bacchetta il comportamento con una nota sorprendente
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Nel sequestrare i tavolini al ristorante «Scoglio delle Sirene», sotto gli sguardi esterrefatti dei turisti che consumavano il pranzo, la polizia locale di Gallipoli, come scrive il pm leccese Luigi Mastroniani, avrebbe agito «con un singolare zelo degno di una tipica amministrazione comunale di paesi nordici, votata a perseguire ogni minima forma di illegalità diffusa sul territorio». Una formula, quella usata dal magistrato, tanto singolare da lasciare perplesso persino l’eminente giurista Sabino Cassese: «Sono anche io stupito del metro di paragone - le amministrazioni nordiche - scelto dal magistrato nella motivazione, anche perché potrebbe indurre il lettore a pensare che in Italia le forme di illegalità diffusa si distinguano in minime, medie e massime, con la conseguenza che le prime - e forse anche le seconde - vanno tollerate».Si ferma qui, preferendo non entrare nel merito, Sabino Cassese, professore emerito dell’Università di Roma e giudice emerito della Corte costituzionale, esaminando il documento vergato da Mastroniani: la richiesta di archiviazione contro i titolari del ristorante per i reati di occupazione abusiva del suolo pubblico e resistenza a pubblico ufficiale. Il 15 giugno scorso, la polizia locale di Gallipoli, con il comandante Antonio Morelli, fu protagonista di un movimentato blitz. Urla, strattoni, tavoli e sedie contesi con la forza delle braccia sulla pubblica via, in una inopinata disputa ad alta tensione che vide ridursi le distanze fisiche fra agenti e gestori del ristorante fin quasi al corpo a corpo. Il tutto davanti agli increduli avventori, tra cui famiglie con bambini che non nascosero il loro disappunto. Ma come interpretare quel riferimento allo «zelo» tipico delle amministrazioni nordiche fatto dal pubblico ministero? È la semplice presa d’atto che al Sud, o persino nell’Italia intera, non vi sia lo stesso rigore nel perseguire anche le minime forme di illegalità che sarebbe, invece, tipico delle culture nord europee? O vuol dire, forse, che non può essere considerata credibile la pubblica amministrazione che esercita solo una tantum i suoi poteri di accertamento con solerzia e puntiglio tipici di altre latitudini? Certo è che a corroborare le conclusioni del pm sono stati i sei minuti di videoriprese eseguite con i cellulari sul luogo del sequestro. Immagini poi finite sul web e divenute virali sotto l’effetto moltiplicatore della condivisione, generando polemiche e reazioni tra le più varie, dividendo il popolo della rete in un guazzabuglio di opinioni, spesso sguaiate e sopra le righe. Quanto basta per gettare discredito sull’immagine una città già messa a dura prova dagli effetti del turismo cafone ritornato in auge nella strana estate del post-Covid. Restano alcune domande. Si poteva intervenire in maniera meno roboante, in un momento diverso da quello dell’ora di pranzo, evitando scene da film davanti ai clienti? È plausibile giustificare le tempistiche adottate con la necessità di cogliere il ristoratore nella flagranza dell’occupazione abusiva del suolo pubblico? Non si potevano cristallizzare i presunti abusi con discrezione e sagacia investigativa, attraverso foto e filmati? Difesi dagli avvocati Francesco Lerose e Giuseppe Minerva, i gestori del locale sono in attesa dell’udienza. «Ci siamo opposti alla richiesta di archiviazione per l’occupazione abusiva – spiega Lerose – perché il pm l’ha proposta rilevando la particolare tenuità del fatto. Chiediamo che venga dichiarata la totale estraneità dei nostri assistiti» L’ipotesi della resistenza a pubblico ufficiale è stata esclusa dallo stesso pm, con buona pace, per ora, della polizia locale e della sua diligenza, reale o presunta, da paese nordico.